>

martedì 5 ottobre 2010

Cervello e guarigione spontanea


Il nostro cervello sembra possedere la capacità di guarirci da ogni malattia, anche la più grave. Spesso però questo fenomeno del tutto naturale e che prende il nome di "guarigione spontanea", si ammanta di straordinarietà e di miracolismo a causa della odierna, riduttiva, visione medica. Tale visione ci ha infatti convinti, tra le altre cose, della discutibile "verità" che solo i farmaci siano in grado di sconfiggere i nostri mali. In realtà in noi esiste una tendenza spontanea alla guarigione.
Se vogliamo potremmo chiamare questa inclinazione il nostro "guaritore interno", che sa sempre come intervenire per risolvere il disturbo. Non può farlo liberamente però, perchè bloccato da ostacoli che noi stessi innalziamo: stili di vista sbagliati, profonda diffidenza nelle nostre risorse interiori, preconcetti tanto errati quanto inossidabili. Sono loro gli artefici di quella "staticità" del cervello che rende rigido il "network nervoso" impedendogli di produrre la soluzione più opportuna.
Serve allora uno stato mentale nuovo, che stimoli il sistema immunitario a produrre neurotrasmettitori (citochine, serotonina...) in grado di attivare adeguate difese immunitarie. Lo "sblocco" può avvenire in tanti modi diversi, assai soggettivi, ma di eccezionale efficacia: lo testimoniano i tanti casi, definiti "inspiegabili" dalla scienza medica, che raccontano semplicemente la storia di persone che non si sono date per vinte e sono riuscite a mettere in gioco quel "quid" che fa scattare la guarigione.
Creatività, capacità reattiva, rapporti interpersonali, fede, forza dell'amore, nuove abitudini alimentari, riconquista della parte più autentica di sè, sostegno sociale, stati dissociativi, preghiere, catarsi emotiva, shock carismatico, arte, sport, stile di vita...
Certo non esiste un fattore unico, standard, valido per tutti, capace di essere il "salva-vita" universale per prevenire e curare le malattie. C'è il nostro. Dobbiamo cercarlo. Se non ci opponiamo, la soluzione ai nostri disturbi - spesso originale e imprevedibile - viene da sè.

Ammalarsi è una questione di testa. Se vent'anni fa questa era solo un'ipotesi suggestiva, oggi sempre più italiani credono nell'influenza determinante della psiche sulla salute e hanno sperimentato che disagi e malesseri dipendono strettamente dalle emozioni e dagli affetti. Insomma, se è vero l'adagio mens sana in corpore sano, è ancor più vero che se il cervello sta male il corpo si ammala. Quest'affermazione è tanto realistica che il 47% degli intervistati riferisce di esserne ormai pienamente convinto. Le spiegazioni esclusivamente organicistiche delle malattie dunque, sembrano aver fatto il loro tempo nella coscienza comune.
La sfera affettiva viene ritenuta dagli intervistati la prima responsabile delle nostre malattie: a farci soffrire e ammalare sono soprattutto i rapporti affettivi sbagliati (64%), seguiti a ruota dai troppi litigi che ci lasciano l'amaro in bocca (56%) e alla perdita di persone care (51%). Da notare: dai dati che emergono sembra incidere meno un abbandono rispetto a un rapporto che si trascina tra sofferenze e litigi. Il protrarsi del disagio dunque è la cosa più importante da evitare. Tra i rischi che portano alla malattia infatti l'abbandono è solo al quarto posto (32%) superato anche dallo stress sul lavoro (42%).
Al tempo stesso, guarire diventa soprattutto una questione di calore umano e di presenza affettiva: non bastano soltanto le giuste cure mediche, perchè a volte il sorriso e la vicinanza delle persone care (31%) valgono più di un ricovero. Anzi, a questo proposito l'impatto dei nosocomi, dove spesso il rapporto è impersonale e si è trattati solo come oggetti, viene giudicato negativo e di poca efficacia per la guarigione dei malati.

"Il medico cura, la natura guarisce". Quando parliamo di auto-guarigione il pensiero non può che correre a "Nasamecu" (acronimo del detto di Ippocrate natura sanat medico curat), il libro di Georg Groddeck, medico e psicoanalista, padre della psicosomatica moderna, che all'inizio del '900 descrisse in maniera mirabile la capacità del corpo umano di "ripararsi da sè". Un argomento delicato, l'auto-guarigione, per una ragione evidente: se l'uomo avesse davvero una simile risorsa, a cosa servirebbero la scienza medica, la farmacologia, la psicologia? E' un fatto che l'uomo abbia in sè questa capacità e lo testimoniano le guarigioni inspiegabili di cui la stessa storia della medicina è piena: il problema è semmai sapere come riuscire ad attivarla. Groddeck riteneva che i nodi da sciogliere per sconfiggere le malattie si trovassero nella nostra mente razionale, una mente da ridimensionare per permettere all'Es, ovvero all'energia vitale che ci abita, di emergere... e di curarci. In tal senso Groddeck fornisce anche una prima lettura non miracolistica dell'auto-guarigione, proponendo un'interessante visione unitaria del rapporto fra mente e corpo.

La PNEI (sigla di psico-neuro-endocrino-immunologia), ovvero la disciplina che studia come la psiche, il sistema nervoso centrale e il sistema immunitario si influenzino vicendevolmente è diventata negli ultimi anni una delle specialità mediche più affascinanti: attraverso di essa è infatti possibile studiare a fondo i meccanisimi alla base dei fenomeni di auto-guarigione. La PNEI sta contribuendo a superare il modo frammentato di concepire l'essere umano, fino ad oggi dominante nella medicina ufficiale, proponendo una visione unitaria nella quale psiche, processi di pensiero, emozioni e coscienza diventano elementi compresenti in ogni processo nervoso, endocrino e immunitario. La mente, tramite l'ipotalamo e l'ipofisi, avrebbe un accesso diretto al sistema immunitario, ed è lungo quest'asse che si realizzerebbe il potenziale di auto-guarigione presente in ognuno di noi.

La storia della medicina è piena di guarigioni "impossibili", di malattie considerate mortali improvvisamente regredite, di casi di "restituzione alla salute" per i quali la scienza è impotente a trovare una spiegazione coerente con i suoi principi. Sono i casi clinici che la religione definisce miracoli, cioè eventi che necessiterebbero di un intervento soprannaturale per avverarsi. Per questi accadimenti straordinari si è coniato anche il termine di "remissione spontanea", rinunciando di fatto al loro studio in quanto inspiegabili. E' curioso: scienza e religione, pur così diverse, sono concordi nel considerare insondabili questi casi. L'uomo di fede li vede come atti divini e quindi non alla portata dell'umana comprensione; la scienza come eventi eccezionali la cui mancata spiegazione non mette in crisi le teorie dominanti.

Da "Riza psicosomatica n°301"

Libri sulla psicosomatica acquistabili qui