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lunedì 4 ottobre 2010

Depressione e bisogno di esprimersi

depressione

Possiamo definire la depressione come un'alterazione del tono dell'umore caratterizzata da disinteresse, isolamento, apatia e tristezza costanti. Per parlare di depressione occorre che queste emozioni, che tutti provano nel corso della loro vita, siano persistenti nel tempo (da alcuni mesi a diversi anni) o particolarmente acute (come nel caso degli episodi depressivi maggiori). Quando le fasi della depressione si alternano a momenti di euforia, di iperattività o di grande eccitabilità siamo di fronte alla forma bipolare della malattia, detta anche maniaco/depressiva. Queste rappresentano il 30% delle depressioni maggiori.

La psichiatria ufficiale distingue, nella depressione, le forme endogene da quelle psicogene. Alle prima appartengono i casi più gravi: non è possibile identificare una causa, ad esempio un lutto, all'origine del disagio. Alcuni sostengono che alla base di questi disturbi possano esserci delle predisposizioni genetiche. Per fortuna questa forma, l'unica che richieda la somministrazione di psicofarmaci, è anche la più rara, riguardano appena l'1% dei casi. La depressione psicogena o reattiva ha invece sempre origine da un evento (lutto, perdita) a una serie di eventi vissuti in maniera molto negativa, pur non sviluppandosi necessariamente subito dopo l'evento stesso.

Giovani più a rischio
I dati sono allarmati: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'11% della popolazione mondiale soffre di depressione, tanto che questo disturbo potrebbe diventare, entro il 2020, la malattia più diffusa dopo le patologie cardiache. In Italia colpisce, con forme e durata differenti, 18 persone su cento. La fascia d'età maggiormente a rischio va dai 20 ai 30 anni, pur se negli ultimi anni si è assistito a un boom della depressione infantile. Le donne sono le più colpite, con oltre il 60% dei casi. In prevalenza si tratta di casalinghe: dopo i 65 anni ne soffre una su due. Impressionanti i numeri che riguardano gli Stati Uniti: 8 milioni di depressi accertati, 100 milioni di dollari di spesa in psicofarmaci all'anno. Fa riflettere il fatto che, dal 1987 al 2002, il numero di cittadini americani curato con antidepressivi è passato da 1,7 a 6,3 milioni.
(...)
Siamo sempre stati abituati a pensare alla depressione come a una piaga che ci affligge senza alcuna colpa... A un male subdolo che ci assale senza che si faccia nulla per provocarlo. E se non fosse così? E se la depressione fosse una colpa, un "peccato mortale"? (...)
Seppellire i propri talenti equivale a non mettere in gioco giorno per giorno ciò che siamo, a non avere il coraggio di rischiare, di lasciare il conosciuto e di lanciarsi in nuove sfide. Questa è l'energia della vita; un motore che necessita costantemente di un combustibile speciale fatto di indipendenza, di autonomia, non di attaccamenti. Quando chiudiamo dentro di noi i "talenti", e cioè i rubinetti da cui viene erogato questo combustibile; quando ci incanaliamo in uno stile di vita piatto, omologato alla norma del branco, senza sbocchi verso il nuovo o l'imprevisto... quando pretendiamo di controllare ogni nostro impulso in norme delle mode del momento, allora compiamo un peccato mortale verso la vita. La vita allora risponde ritirandosi da noi, lasciandoci in preda a una sensazione di vuoto, di apatia e tristezza infinita e cioè tra le braccia della depressione.

Quando non lasciamo che le nostre inclinazioni si manifestino e si affermino, quando sono gli altri, intesi come società, famiglia, e cultura a condizionare le nostre e il nostro modo di vivere, accade che il nostro "bulbo originario" si rinsecchisce, si rattrappisce. Diventiamo un processo puramente quantitativo, un'entità all'interno di un branco di simili. E' come se obbligassimo una rosa a diventare simile alla margherita o viceversa. Così ne parlava Krishnamurti: "Che cosa vi impedisce di essere nel vostro stato naturale? Voi siete in continuazione proiettati fuori di voi stessi. Siete insoddisfatti delle vostre esperienze quotidiane e così ne cercate di nuove, volete perferzionarvi, cambiare voi stessi. La società vi pone l'ideale dell'uomo perfetto... e così cercate di controllare la vostra condotta, i vostri pensieri, per diventare qualcosa di innaturale... Vi tagliate fuori dalla vita da soli". Non c'è nulla da perfezionare, perchè ogni essere umano ha dei talenti che sono solo suoi, e quelli vanno fatti fruttare. A questo serve la creatività di cui ciascuno di noi è dotato. Ed è appunto un peccato mortale non farla giungere al suo fine e imbrigliarla, costringerla in ruoli standarizzati che il collettivo ci impone.

Se la depressione è l'antitesi della fioritura della nostra individualità, perchè ostacola quella che dovrebbe essere la nostra naturale capacità di differenziarci, sorge spontaneo chiedersi: comportandoci in che modo ci impediamo di essere noi stessi? Che cosa, di fatto, spegne la nostra energia vitale? Quali sono gli atteggiamenti attraverso cui rischiamo di deprimerci? Quante più resistenze o limiti opponiamo alla nostra spontanea capacità di esprimersi, tanto più il nostro cervello, come un terreno intasato di scorie, diviene incapace di fornirci le sostanze di cui necessitiamo per permettere al nostro nucleo esistenziale, al nostro seme interiore, di fiorire e di emanare il suo profumo... e la nostra esistenza si trasforma in una deprimente "vita da zombi"!
(...)
"Ora immaginatevi voi quale fu la sua meraviglia, quando, svegliandosi, Pinocchio si accorse che non era più un burattino di legno: ma che era diventato, invece, un ragazzo". Anche guarire dalla depressione significa, come per Pinocchio, smettere di vivere come burattini e cominciare ad esistere, facendo fiorire e fruttificare il seme che è depositato nel buio della nostra interiorità e che condensa in sè tutto ciò che in potenza già siamo.
Ma come fare per non disturbare il processo creativo che è in noi? Il primo passo è sgravarsi di tutto ciò che è inutile, così da poter ripulire il terreno mentale dai ricordi, i pensieri, i falsi desideri e le autolimitazioni che lo infestano come gramigna. Solo così possiamo riconoscere i primi germogli e, guardando il seme diventare frutto, scoprire la vera tendenza del nostro essere, unica e originale.