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giovedì 26 agosto 2010

Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)


Per disegnare la malattia, medici e psicologi si avvalgono indifferentemente di terminologie diverse:
  1. Nevrosi ossessiva: è il termine più antico, usato ancor oggi. Lo si deve a S. Freud, e si è imposto rapidamente
  2. Disturbo ossessivo-compulsivo, generalmente abbreviato con la sigla DOC: è la definizione adottata attualmente dalle classificazioni internazionali delle malattie mentali.
  3. Ossessioni compulsive: è il termine più semplice, che riprende i due sintomi principali della malattia, le ossessioni e le compulsioni.
L'ossessione è un pensiero che segnala un pericolo; è un timore, una preoccupazione relativa a un evento dannoso da cui bisogna proteggersi. In altre parole, oggetto dell'ossessione è un evento più o meno grave che potrebbe accadere se non viene fatta attenzione. Questi brutti pensieri vengono alla mente in modo ripetitivo e s'impongono contro la propria volontà. Per quanto si possa riconoscere che sono privi di senso, costituiscono, tuttavia, fonte di angoscia o di ansia.
(...)
L'ossessione è un pensiero conscio che s'impone alla mente
Un pensiero è un'idea che si ha in testa, ma l'ossessione non è un pensiero che si richiama volontariamente come quando ci si sforza di ricordare un evento o una nozione, o quando ci si concentra su qualcosa: l'ossessione è un pensiero che s'impone alla coscienza. In tal senso, è un pensiero che viene in mente in modo automatico. (...)
Non tutti i pensieri automatici sono ossessioni, ma tutte le ossessioni sono pensieri automatici.

L'ossessione ha un contenuto che le dà un senso
Il pensiero ossessivo ha un senso particolare che non è mai completamente erroneo: ad esempio, è abbastanza comune avere paura di sporcarsi maneggiando una pattumiera o di commettere qualche errore svolgendo il proprio lavoro. Questo senso particolare viene chiamato il contenuto dell'ossessione. Per chi soffre del disturbo, il contenuto dell'ossessione è preoccupante e provoca ansia,.
L'uomo o la donna che ne sono colpiti sono afflitti in genere da più contenuti ossessivi; così, molto spesso, il timore della sporcizia convive con quello di commettere errori, poichè sono i più frequenti. Quando vi sono diversi contenuti ossessivi, in genere l'uno predomina sull'altro; il soggetto può affermare, ad esempio, che è più turbato dal timore di essere sporco che non dalla paura di commettere errori.

Il contenuto dell'ossessione è costante
Il pensiero ossessivo è costante, ovvero i contenuti, una volta fissati dalla malattia, restano gli stessi per mesi o anni. Non è un pensiero legato a un particolare evento della vita, ma "fluttua" senza scomparire e per questo, nel linguaggio corrente, l'ossessione si chiama spesso "idea fissa". (...)

L'ossessione è più di un idea fissa
Proponiamo qui di seguito qualche esempio di idee fisse che non hanno niente a che vedere con il DOC.
  • Mettiamo che abbiate molta paura di non superare gli esami e che ci pensiate tutto il giorno. Ciò non vuol dire che soffrite di ossessioni poichè, una volta passata la prova e saputo il risultato, non ci penserete più; un'ossessione, invece, si ripresenta continuamente.
  • O ancora, supponiamo che vostra moglie aspetti un bambino e voi siate molto ansiosi per il parto e per la salute del piccolo. Neanche in questo caso si può parlare di ossessione, poichè si tratta di una preoccupazione legata a una particolare circostanza che porta irrequietezza nella vita di molti uomini e che, ugualmente, finirà: l'ossessione, al contrario, non ha fine.
  • Il vicino di casa vi esaspera per il rumore che fa e non sapete come risolvere il problema; ci pensate notte e giorno e questo pensiero vi ossessiona forse nel senso comune che si dà al termine, ma non in senso psichiatrico. Infatti un'ossessione non nasce mai da circostanze reali provocate da persone che possono importunarvi, come un superiore, un marito o un vicino di casa: l'ossessione riguarda i pericoli creati da noi stessi.
  • Guardate le ragazze e sognate di possederle tutte, perciò vi è stato detto che siete "ossessionati dal sesso". Può essere vero nel senso comune ma non in senso psichiatrico, e per una ragione: il vostro desiderio è un pensiero piacevole, una fantasia, mente un'ossessione è sempre, per definizione, un pensiero penoso.
  • Sognate di diventare campioni di atletica e ogni vostro atto è finalizzato alla realizzazione di questo sogno. Non è un'ossessione bensì un'ambizione che, se si avverasse, vi farebbe molto piacere; mentre se un'ossessione si estingue o si riduce si prova solo sollievo e mai piacere.
Per affermare che si tratta di disturbo ossessivo-compulsivo, le ossessioni o i rituali devono far perdere in media almeno un'ora al giorno oppure, indipendentemente dalla perdita di tempo, creare un forte disagio nella vita quotidiana.
E' un criterio di valutazione spesso difficile e non va considerato alla stregua di un cronometro, ma piuttosto come un modo per distinguere la soglia fra il normale e il patologico. Ora, però, potete già domandarvi quanto tempo vi occupano le vostre ossessioni e qual è la durata dei vostri rituali: al di là della durata, vi creano problemi in almeno un settore della vita?

Come si definiscono le compulsioni
La compulsione è l'altro principale aspetto della malattia. Compulsione deriva dal verbo latino compulsare che significa "costringere"; spesso si parla anche di rituale. Il termine "compulsione" sottolinea il senso di "costrizione" del soggetto, mentre "rituale" mette in evidenza l'"identicità" dell'atto compiuto ripetutamente (...)
La compulsione (o rituale) è un atto volto a scacciare l'ossessione e ad alleviare l'ansia che essa provoca.

E' un atto che ci si sente costretti a compiere
Un atto è generalmente volontario, cioè siamo noi a deciderlo. Il rituale è pur sempre un atto ma, in realtà implica qualcosa di un pò più complicato poichè, in pratica e spesso, chi è affetto da DOC non può fare a meno di attuarlo, oppure può farne a meno soltanto per poco. (...)
Se non realizzassero il rituale, se resistessero alla volontà di compierlo o di "ritualizzare", sarebbero invasi da un malessere ansioso e questa sensazione non si attenuerebbe senza la realizzazione del rituale.

E' un atto che dà solo un sollievo momentaneo
L'ossessione precede il rituale e il rituale attenua l'ossessione. Si dice a volte che il rituale "scaccia l'ossessione, ed è vero soprattutto per quelli di lavaggio e di controllo. I rituali, dunque, obbediscono a una certa "logica" che rassicura la persona; anche se ammette che sono assurdi e li critica senza remore, si sente costretta a compierli per placare l'ossessione. Per la sua assurdità, e malgrado il sollievo momentaneo, la compulsione si accompagna spesso ai sensi di colpa.

E' un atto ripetitivo
Spesso il rituale non è solo stereotipato, è anche ripetitivo ed è senza dubbio questo l'aspetto più spettacolare della malattia: il soggetto affetto da disturbo ossessivo-compulsivo ripete un determinato numero di volte lo stesso gesto. Può sentirsi spinto a lavarsi le mani sette o otto volte ma persino sessanta, a controllare tre o quattro volte che la porta sia chiusa ma anche trenta. (...)

Guarire si può

Il disturbo può essere curato sia attraverso gli inibitori della ricaptazione della serotonina, sia attraverso la terapia comportamentale e cognitiva.(...)

E' meglio curarsi con i farmaci o con la psicoterapia?
Non esistono risposte universamente valide a questa domanda, perchè si tratta di due approcci radicalmente diversi.(...)
Di frequente chi è affetto da ossessioni compulsive usufruisce di entrambe le cure: farmaci associati a psicoterapia comportamentale e cognitiva. (...)

Perchè tante persone non si curano?
Il DOC è il più delle volte dissimulato, sottovalutato dal soggetto stesso che banalizza il fenomeno o lo nasconde abilmente. Chi ne soffre prova disagio a parlarne, a lamentarsene e a chiedere aiuto. La maggior parte dei pazienti consulta un medico dopo parecchi anni di evoluzione del disturbo, nel momento in cui questo diventa insopportabile. Ecco, in genere, per quali ragioni
  1. La vergona per i sintomi.
  2. Il senso di colpa per avere pensieri simili e non riuscire a impedirsi lo svolgimento dei rituali.
  3. La paura di essere considerati "pazzi".
  4. La speranza che le ossessioni compulsive scompaiano da sole.
  5. La mancanza di informazioni sul DOC.
  6. La confusione tra preoccupazioni normali e ossessioni.
  7. La difficoltà di capire che si tratta di una malattia.
(...) Per quanto crudele e ingiusto vi possa sembrare, soffrite davvero di una malattia che, come la maggior parte delle malattie, mantiene la sua parte di mistero. Non serve dunque negare l'evidenza o sperare che con il tempo tutto si risolverà: è meglio farsi carico del problema e cercare di gestirlo.
Il disturbo ossessivo-compulsivo non è una catastrofe nè una tegola che vi è caduta sulla testa; è una malattia che può essere più o meno fastidiosa e che necessita di un trattamento. La psicoterapia comportamentale e cognitiva prevede l'accettazione di questa vulnerabilità e un impegno simile a quello di uno sportivo convalescente nei confronti di un infortunio. Un atleta che si è fatto male non ritroverà certo le sue performance sin dal primo giorno di allenamento, e neppure durante la prima settimana.(...)
Non c'è alcuna magia: parliamo di tecniche la cui efficacia è stata scientificamente provata. Sono tecniche che richiedono esercizi precisi, regolari, progressivi, un vero e proprio lavoro, un modo attivo di affrontare il problema delle ossessioni e delle compulsioni. Va, tuttavia, messo in conto l'intervento di un professionista, medico psicologo che sia; in un primo tempo, infatti, è preferibile avvalersi della collaborazione di una figura esperta. (...)
La psicoterapia comportamentale e cognitiva si avvale di due tecniche differenti, che il più delle volte sono associate ma che possono essere praticate anche separatamente:
  1. La psicoterapia comportamentale consiste in un'esposizione graduale alle situazioni ossessive con prevenzione della risposta rituale.
  2. La psicoterapia cognitiva ha il compito di rimettere in discussione le credenze ossessive e di combatterle.
Come se fosse semplice! Ma non scoraggiatevi...


Da "Non riesco a fare a meno di..." - Alain Sauteraud

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