
Avere consapevolezza di sè significa possedere una profonda comprensione delle proprie emozioni, delle doti e dei limiti distintivi della propria personalità, come pure dei valori e dei fattori motivanti dai quali si attinge ispirazione. Gli individui con una forte consapevolezza di sè sono realistici, non eccessivamente autocritici, nè ingenuamente ottimisti. Piuttosto, essi si rivelano giudici imparziali di se stessi, sinceri nell'immagine di sè che comunicano agli altri fino al punto di saper ridere delle proprie manie.
I leader consapevoli di sè sono pienamente coscienti dei propri valori, sogni e obiettivi. Sanno bene a che cosa mirano e perchè. Sono ben sintonizzati su ciò che "trovano giusto" e sono capaci, per esempio, di rifiutare con fermezza un'offerta economicamente interessante, perchè in contrasto con i loro principi o con gli obiettivi che si sono dati a lungo termine.(...)
Forse, l'indice più significativo (anche se assai poco visibile) dell'autoconsapevolezza è una certa tendenza alla riflessione introspettiva e alla ponderatezza. Le persone consapevoli di sè trovano generalmente il tempo di riflettere con calma, spesso da sole, e questo consente loro di ponderare le proprie decisioni anzichè reagire d'impulso. Molti leader di successo, in effetti, applicano all'attività professionale lo stesso stile riflessivo che adottano nella propria vita spirituale.(...)
...i valori che ci guidano sono rappresentati nel cervello come una gerarchia di pensieri con diverse sfumature emozionali, nella quale ciò che "ci piace" e troviamo interessante occupa il vertice, mentre ciò che suscita in noi odio e repulsione è relegato in fondo. Il fatto che un obiettivo ci attragga o ci respinga dipende dall'intensità e dall'orientamento di queste emozioni. Se, per esempio, troviamo stimolante il pensiero di aiutare bambini in difficoltà, o di lavorare con chi eccelle nel suo campo, allora realizzare queste imprese sarà altamente motivante.
Tutto ciò accade nelle aree prefrontali del cervello: le sedi dell'attenzione - e pertanto dell'autoconsapevolezza - che controllano i nostri sentimenti in fatto di preferenze. I circuiti di quest'area cerebrale, quindi, ospitano i nostri sentimenti positivi, e continuano a richiamarli alla mente quando lottiamo per raggiungere un traguardo.
Questi pensieri piacevoli svolgono in sostanza la funzione di un gruppo di tifosi, sostenendoci e incoraggiandoci a superare le difficoltà che ci separano dall'obiettivo. Dal punto di vista neurologico, la volontà di raggiungere le mete che ci siamo prefissati nella vita dipende dall'abilità della nostra mente nel ricordarci quanto saremo soddisfatti quando avremo realizzato i nostri sogni - una capacità localizzata nei circuiti che collegano l'amigdala al lobo prefrontale sinistro.
A prescindere dalla natura degli stimoli che ci spingono a dare il massimo - che si tratti semplicemente dell'eccitazione che scaturisce dall'impresa, della soddisfazione di imprarare a fare meglio qualche cosa, della gioia di collaborare con colleghi dotati (o semplicemente del guadagno economico che se ne trae) - tutti i fattori motivanti condividono una via neurale comune. L'entusiasmo per il lavoro, a livello cerebrale, deriva dall'esistenza di un flusso abbastanza costante di sentimenti positivi proveniente dai circuiti collegati alla corteccia prefrontale sinistra mente svolgiamo quella particolare attività.
Allo stesso tempo, i circuiti cerebrali che fanno capo all'area prefrontale sinistra assolvono a un'altra funzione positiva ai fini della motivazione: essi infatti placano eventuali sentimenti di frustrazione o preoccupazione che potrebbero convincerci a desistere. Ciò significa che possiamo affrontare senza batter ciglio gli inevitabili intoppi, le delusioni e i fallimenti di cui è cosparsa la strada che porta a qualsiasi obiettivo degno di questo nome. In tal modo, riusciamo a cogliere, in ogni sconfitta, l'opportunità nascosta o la lezione utile, andando comunque avanti per la nostra strada.
L'efficacia con cui i circuiti prefrontali innescano sentimenti motivanti, e tengono sotto controllo quelli che porterebbero allo scoraggiamento, fa la differenza tra un pessimista, che pensa troppo alle contrarietà perdendo la speranza, e un ottimista, che insiste nonostante i problemi, tenendo sempre a mente la soddisfazione che proverà una volta raggiunta la meta.
Da "Essere leader" - D. Goleman & R. Boyatzis & A. Mckee (Disponibile qui)