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giovedì 9 settembre 2010

Depressione: perchè ci si ammala?


La depressione ha sempre rappresentato un grande dilemma per la razza umana. A ben pensarci, nel corso dei secoli, l'uomo ha oscillato come un pendolo fra due posizioni antitetiche:" E' la malattia mentale un evento puramente "psicologico" e "spirituale" o è piuttosto, primariamente "fisico, "organico", "biologico", "materiale"?
Si è passati così dalla caccia alle streghe alle purghe, dal trattamento morale di Pinel alla reclusione nelle carceri-ospedali psichiatrici, dal trattamento con la musica ai salassi e persino all'elettroshock. Ce n'è (stato) per tutti i gusti.
Tutto questo appartiene alla storia. Ma oggi? Non crediate che le nostre conoscenze siano, su questo piano, molto diverse da quelle di 2.500 anni fa. Il problema è sempre lo stesso.
Mente o corpo? L'uomo si ammala perchè è fragile psicologicamente o perchè ha una malattia del corpo uguale a tutte le altre, anche se cerebrale? Ci si ammala per colpa della psiche o a causa del soma? E' questo l'eterno dilemma della medicina.
Ancora oggi esistono pareri discordi al riguardo. Esistono, ad esempio, le psicoterapie e la farmacoterapia fra le cure della depressione e in tal modo la diatriba cara a Cartesio sulla dicotomia fra mente e corpo è tutt'oggi più che mai attuale.
Da che parte siamo, allora? La depressione è un evento biologico, bio-chimico e molecolare, o psicogeno e caratteriale? Dove alberga la depressione? Voi che ne dite?
Personalmente siamo equidistanti rispetto alle due posizioni antitetiche, non perchè virtuosi ma perchè fermamente convinti della veridicità di entrambe. L'uomo è fatto di materia e di psiche (quest'ultima peraltro non facilmente misurabile e ponderabile, avete mai provato a pesare la depressione?).
I neuromediatori sono sostanze chimiche e pertanto appartenenti al "somatico", ma sono importanti in ogni caso, anche negli eventi primariamente psicologici, ed è inutile nasconderselo, anche se si è appassionati di "psicologia".
A ben pensarci anche un lutto, che è un evento essenzialmente psicologico, per potersi manifestare deve passare attraverso quel sottile ponte che unisce la mente al corpo (come lo definiva Freud), cioè si somatizza, si fa strada nel fisico attraverso il corpo.
Diventa così possibile per un vissuto psichico concretizzarsi nella materia, trasferirsi nel somatico, attraverso i neuromediatori, piccole sostanze chimiche che rendono possibile il vissuto depressivo (da lutto), quello che abbiamo provato tutti ma che non è visibile, essendo solo una percezione. Anche la sensazione di depressione è dovuto a molecole chimiche. (...)
Nella depressione esistono l'evento psichico, la sua manifestazione psicologica, quella che avvertiamo tutti e nella quale rientrano il vissuto penoso, l'ansia, l'angoscia e la preoccupazione, i pensieri pessimistici e negativi, ma esiste anche quello fisico (il mal di testa, la pressione alta, le extrasistoli, il senso di oppressione al petto e così via...).
Si tratta di due metà della stessa mela, chiamata depressione.
E' così che la tristezza e il senso di vuoto divengono vissuti impalpabili che si rendono però percepibili come eventi psichici; mentre l'amenorrea, il senso di nodo alla gola, il dimagrimento, il peso al torace e le frequenti tachicardie sono manifestazioni che definiremmo sostanzialmente fisiche.
Per questo motivo non ci si può stupire più di tanto che gli uomini si siano azzuffati tra loro alla ricerca della verità, della spiegazione obiettiva, ora fisica ora psichica della malattia, guardando solo ai due estremi di un'ipotetica realtà.
Sono due metà dello stesso concetto: vere, semplicemente, tutte e due. La depressione è un evento fisico quanto lo è psichico (si dice ad esempio che la depressione influisca sulle difese immunitarie e sullo stato fisico in generale).
Ma non perdiamo di vista il nostro quesito: "Perchè ci si ammala?", ci siamo chiesti. Analizziamo dapprima un evento psichico e facciamo mediante alcuni esempi.
Noi tutti siamo stati rimproverati dai genitori, abbiamo preso brutti voti a scuola, siamo stati lasciati dal fidanzato. Chi più, chi meno, tutti abbiamo avuto dalla vita degli eventi traumatici.
(...) il capufficio che sul lavoro si approfitterà di noi, la vicina di casa musicista che suonerà la tromba alle sei del mattino e la collega d'ufficio che c'importunerà con le sue solite "amenità".
Allora, secondo voi, dite un pò, l'evento depressogeno, cioè capace di condurci alla depressione, è fisico o è psichico?
"Ma è psichico, certo!", direte voi in coro alzando la mano.
Ed è vero. Avete proprio ragione: è un evento psichico. (...) E' una sensazione, un vissuto di amarezza e di pena che ci ha colpiti tutti, chi prima chi poi e che chiamiamo tristezza.
Ma se abbiamo perduto il nonno, o uno dei genitori, l'amarezza si fa più profonda, è qualcosa che colpisce tutte le sfere psichiche (la concentrazione, l'attenzione, la memoria, i vissuti sensoriali), fino a farsi strada nel corpo.
Si fa vitale. Non risparmia nulla. La nostra sicurezza "fa acqua" da tutte le parti come un vecchio colabrodo e ci sentiamo male; le energie, ogni giorno che passa, diminuiscono a vista d'occhio e il nostro serbatoio mentale si svuota. (...)
Cominciamo a non mangiare, a non vestirci, a non lavarci. Ogni cosa ci fa un peso gigantesco: ci svegliamo al mattino già pieni di angoscia e con la voglia di piangere e di sparire dal mondo e dalla sua ingiusta sofferenza.
La tachicardia ci fa scoprire di avere un cuore e il senso di oppressione al petto ci impedisce persino di respirare.
Credete che sia strano che l'angoscia depressiva si faccia strada nel corpo?
Crediamo proprio di no. (...)
I dolori si fanno fisici, reali, somatici. I muscoli delle spalle si fanno così tesi che, alla fine, vi fanno male. Il collo si rannicchia dentro le spalle. La testa vi pesa e vi fa male da scoppiare. (...)
L'angoscia vi sale al petto e al volto come una mano tesa che tutto avvolge e stringe. Le palpitazioni rimbombano nella testa al ritmo del cuore, accendendo come un fiammifero le vostre preoccupazioni: "Guarirò?". I pensieri (che sono psicologici) si autoalimentano: sono depressivi, tristi, cupi, angoscianti, neri. Vi sentite colpevoli. Avete sbagliato tutto nella vita. (...)
Facciamo un passo indietro e immaginiamo che un uomo abbia, nella vita, alcune situazioni, cose o persone che gli stanno a cuore e gli interessano particolarmente (ciò che Freud definiva oggetti d'amore) e su cui riversare la propria libido (energia, passione, interesse), com'ebbe a battezzarla il padre della psicoanalisi.
Un oggetto d'amore è il posto di lavoro (per molti, ma non per tutti), lo stipendio (per tutti, ma non per molti), la fidanzata bellissima che gli amici ci invidiano, il marito, i figli, la roulotte, la casa, le vacanze estive e chi più ne ha più ne metta. Su tutte queste situazioni, divenute oggetti, noi riversiamo giornalmente tutte le nostre emozioni. (...)
A ogni evento di rottura mettiamo in atto un moto istintivo di reazione. Possiamo ad esempio sforzarci di minimizzare, di dire che non è successo nulla, prendere paletta e pattumiera e gettare via tutto. (...)
"Perchè Dio mi ha fatto questo? Perchè ci sottrae a volte le cose più belle?", ci crediamo increduli. Non sappiamo darci una spiegazione ma è così. Ora le nostre energie non scorrono più. Non più come prima, se non per terra. Dobbiamo trattenerle... ora, dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco, sorridere agli amici e andare avanti a bocca asciutta, se non vogliamo passare per stupidi. (...)
Speriamo che passerà. Speriamo che passi. (...)
"Che succede? Dove metteremo la nostra energia mentale, l'amore di cui disponiamo? Dove riverseremo il sacro liquido del nostro cuore? Che ne sarà di noi?", sono questi i nostri amari pensieri.
E' la depressione. Comprensibile, se vogliamo, ma dura da accettare. Ci svegliamo al mattino e ci manca... la fidanzata... l'auto nuova distrutta contro un muro... la sicurezza. Tratteniamo ogni cosa dentro. Non c'è più interesse. L'abbiamo perso. Dobbiamo imparare a contenere le emozioni che vorrebbero uscire come un fiume di lacrime. Vorrebbero continuare a esprimersi...a venire fuori...a scorrere. (...)
Secondo Freud la libido ora, come fosse un'automobile, compie una rapida inversione a U e cambia strada riversandosi su di noi, al nostro interno. Come un fiume in piena ora bloccato da una diga, l'inconscio torna indietro e prorompe verso di noi. Non scorre più all'esterno, ma ci penetra dentro come un fiume (d'energie) senza controllo che ci inonda il petto, il cuore, il torace, il profondo dei sentimenti. Non ci interessa più nulla. "Lasciateci stare!". C'interessa solo di noi stessi e dei nostri sentimenti. Sono lì, nel cuore, le nostre emozioni trattenute. (...)
E' così che facciamo caso a tanti piccoli malesseri che prima non ci sfioravano nemmeno, malesseri interni, profondi. (...)
E' al corpo che prestiamo maggiore attenzione, adesso (da qualche parte l'attenzione deve pure andare se non può prendere la via di quell'automobile o della fidanzata...), a quel doloretto alla pancia che ci preoccupa. (...)
La vedete così la depressione? Il terreno attorno a noi frana, le radici dell'albero restano scoperte.(...)
Non lavoriamo più, non rendiamo più, siamo scorbutici e altalenanti nell'umore. Insopportabili per gli altri e per noi stessi, in una parola: aridi. La bocca si fa secca e le parole non escono più.
Perchè avviene tutto questo? Chi ci ha creato così complicati?
E' ancora Freud che c'illumina sul meccanismo psicologico della depressione.
"La depressione è la perdita dell'oggetto dell'amore, sul piano pratico o su quello simbolico, questa è la mia definizione".
"Ma allora perchè ci si ammala?", gli chiediamo.
"Per un disinvestimento libidico, cari amici", ci risponderebbe Freud. "Ora non investiamo più le nostre energie". E' come se l'uomo fosse tale solo quando investe nell'ambiente, quando butta fuori le sue energie, le sue emozioni, le sue passioni e trova qualcuno pronto ad accoglierle. (...)
E' la mancanza di sentimenti. La libido c'è, le energie ci sono, almeno inizialmente. Ma dove vanno, se non siamo capaci di indirizzarle? A terra! E la nostra vita si fa cupa come la terra brulla.

Da "La depressione" - Dr. Roberto Pagnanelli

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