
Ogni problema fisico, dalle tensioni nella zona cervicale all'acne, e ogni malattia, dall'infarto al cancro fino alle malattie mentali, può essere letto come l'espressione dell'area di conflitto tra ciò che una persona pensa di essere e ciò che in realtà è. E qualsiasi disagio, da un certo punto di vista, può essere considerato come un'informazione che l'immagine di sè non corrisponde alla realtà.
Se a volte il collegamento è lineare (lo spaccalegna, per esempio, non considera una malattia il suo mal di schiena, perchè rientra perfettamente nell'immagine che ha di sè come lavoratore indefesso), altre volte può essere difficile o del tutto impossibile stabilire un nesso, come tra il diabete e il voler sostenere un'immagine di sè più generosa della realtà o tra il cancro e una situazione di oppressione di cui non ci si rende conto.
Sostenere la maschera di ciò che si vorrebbe essere, comprare una faccia che non si ha, a lungo andare può riflettersi in una malattia.
Ma anche abbandonandola - per esempio esprimendo la propria rabbia - si rischia di venire rifiutati o disprezzati. Ogni posizione sul cursore corpo-mente ha il suo prezzo e i suoi vantaggi. Così, se per un malessere lieve (come un torcicollo che tiene a casa dal lavoro per qualche giorno quando c'è nell'aria un conflitto con un collega) ci si può ben permettere di ignorare il nesso, indagare a fondo - con tutte le difficoltà e i rischi che questo comporta - può fare la differenza tra la vita e la morte quando la malattia da cui si è colpiti minaccia la propria esistenza. Finchè siamo disposti a pagare il prezzo imposto dai nostri ideali viviamo in salute. Quando più o meno inconsciamente ci rifiutiamo di vivere un'identità che non ci corrisponde più, ecco che la nostra organizzazione in qualche modo crolla. Per costruirla, può essere necessario aprirci a un'immagine maggiormente reale di noi stessi.
Tra le varie tecniche di cura esistenti, si possono distinguere approcci che portano il malato più in direzione di ciò che è nel suo profondo e altri che lo aiutano ad andare verso quello che vorrebbe essere ma non è. In ognuno di noi c'è quasi sempre una spaccatura tra ciò che si è realmente e ciò che si vorrebbe essere in conformità con le aspettative famigliari e con le influenze culturali dell'ambiente in cui si è cresciuti.
Alla nascita ogni individuo è perfetto, con una sua organizzazione di istinti e bisogni fisici e psicologici perfettamente bilanciata.
Tuttavia, dal momento in cui l'individuo entra nella vita, questa organizzazione comincia a dover fare i conti non solo con le esigenze personali ma anche con la realtà circostante e le sue pressioni. Diventa necessario a questo punto crearsi un'identità, un centro di coscienza che, al fine di coordinare queste diverse esigenze, produca una rappresentazione di sè, detta Io.
Normalmente tale rappresentazione è sbagliata in quanto condizionata dalle pressioni della cultura in cui si cresce. Questo fa sì che l'individuo cominci a considerarsi più che altro una brutta copia di ciò che pensa di dover essere, con un conseguente senso di inadeguatezza, di insicurezza, di disagio. Per esempio, una persona che cresce con la convinzione di dover essere generosa, farà di tutto per esserlo in ogni circostanza, anche quando la situazione richiederebbe un pò di egoismo. (...)
Ma di norma è il bisogno di integrazione nella propria famiglia e nella propria cultura a prevalere su quello di essere chi si è veramente.
In questo processo l'individuo comincia così a deformarsi e a manipolare la propria psiche e il proprio corpo per renderli il più possibile adeguati alle aspettative. In genere il processo prosegue fino ad arrivare a un punto critico nel quale chi si pensa di essere è così distante da chi si è veramente, che una svolta più o meno decisa si rende necessaria.
In alcuni casi la svolta avviene in modo drammatico, per esempio con una grave malattia o una separazione, altre volte la tendenza cambia semplicemente, senza drammi: da un certo punto in poi, l'Io inverte la rotta, smette di impegnarsi per deformare il corpo e la psiche secondo gli ideali adottati e comincia invece ad apprezzare e ad ammirare lo straordinario disegno e la ricchezza intrinseca nel proprio modo di essere. Quindi si dedica al recupero di molti aspetti di sè che prima erano rifiutati, negati, alienati, proiettati su altri. (...)
Viene quindi, nella vita di molti, un momento in cui ci si rende conto di essere molto meglio di ciò che si vorrebbe essere e la vera sfida diventa quella di cercare, con intelligenza e creatività, di ritornare alla fonte della propria energia senza perdere nel frattempo l'integrazione sociale realizzata. (...)
Da "Pensare col corpo" - J. Tolja & F. Speciani
Sostenere la maschera di ciò che si vorrebbe essere, comprare una faccia che non si ha, a lungo andare può riflettersi in una malattia.
Ma anche abbandonandola - per esempio esprimendo la propria rabbia - si rischia di venire rifiutati o disprezzati. Ogni posizione sul cursore corpo-mente ha il suo prezzo e i suoi vantaggi. Così, se per un malessere lieve (come un torcicollo che tiene a casa dal lavoro per qualche giorno quando c'è nell'aria un conflitto con un collega) ci si può ben permettere di ignorare il nesso, indagare a fondo - con tutte le difficoltà e i rischi che questo comporta - può fare la differenza tra la vita e la morte quando la malattia da cui si è colpiti minaccia la propria esistenza. Finchè siamo disposti a pagare il prezzo imposto dai nostri ideali viviamo in salute. Quando più o meno inconsciamente ci rifiutiamo di vivere un'identità che non ci corrisponde più, ecco che la nostra organizzazione in qualche modo crolla. Per costruirla, può essere necessario aprirci a un'immagine maggiormente reale di noi stessi.
Tra le varie tecniche di cura esistenti, si possono distinguere approcci che portano il malato più in direzione di ciò che è nel suo profondo e altri che lo aiutano ad andare verso quello che vorrebbe essere ma non è. In ognuno di noi c'è quasi sempre una spaccatura tra ciò che si è realmente e ciò che si vorrebbe essere in conformità con le aspettative famigliari e con le influenze culturali dell'ambiente in cui si è cresciuti.
Alla nascita ogni individuo è perfetto, con una sua organizzazione di istinti e bisogni fisici e psicologici perfettamente bilanciata.
Tuttavia, dal momento in cui l'individuo entra nella vita, questa organizzazione comincia a dover fare i conti non solo con le esigenze personali ma anche con la realtà circostante e le sue pressioni. Diventa necessario a questo punto crearsi un'identità, un centro di coscienza che, al fine di coordinare queste diverse esigenze, produca una rappresentazione di sè, detta Io.
Normalmente tale rappresentazione è sbagliata in quanto condizionata dalle pressioni della cultura in cui si cresce. Questo fa sì che l'individuo cominci a considerarsi più che altro una brutta copia di ciò che pensa di dover essere, con un conseguente senso di inadeguatezza, di insicurezza, di disagio. Per esempio, una persona che cresce con la convinzione di dover essere generosa, farà di tutto per esserlo in ogni circostanza, anche quando la situazione richiederebbe un pò di egoismo. (...)
Ma di norma è il bisogno di integrazione nella propria famiglia e nella propria cultura a prevalere su quello di essere chi si è veramente.
In questo processo l'individuo comincia così a deformarsi e a manipolare la propria psiche e il proprio corpo per renderli il più possibile adeguati alle aspettative. In genere il processo prosegue fino ad arrivare a un punto critico nel quale chi si pensa di essere è così distante da chi si è veramente, che una svolta più o meno decisa si rende necessaria.
In alcuni casi la svolta avviene in modo drammatico, per esempio con una grave malattia o una separazione, altre volte la tendenza cambia semplicemente, senza drammi: da un certo punto in poi, l'Io inverte la rotta, smette di impegnarsi per deformare il corpo e la psiche secondo gli ideali adottati e comincia invece ad apprezzare e ad ammirare lo straordinario disegno e la ricchezza intrinseca nel proprio modo di essere. Quindi si dedica al recupero di molti aspetti di sè che prima erano rifiutati, negati, alienati, proiettati su altri. (...)
Viene quindi, nella vita di molti, un momento in cui ci si rende conto di essere molto meglio di ciò che si vorrebbe essere e la vera sfida diventa quella di cercare, con intelligenza e creatività, di ritornare alla fonte della propria energia senza perdere nel frattempo l'integrazione sociale realizzata. (...)
Da "Pensare col corpo" - J. Tolja & F. Speciani