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mercoledì 24 novembre 2010

Autostima: ogni persona è unica


Di solito si considera il diritto alla vita come qualcosa di scontato, tranne che in certe situazioni,
ad esempio di fronte a un pericolo mortale, quando lo si percepisce con viva necessità, in virtù dell'istinto di sopravvivenza. Che dire ora di una persona che, a causa di sofferenze troppo grandi, avesse perso il gusto di vivere, addirittura l'istinto per la vita? Questa persona deve ritrovare imperativamente il suo amore per la vita.
Come? Innanzitutto chiedendo aiuto: esistono diversi modi per controllare la sofferenza. Poi decidendo di voler vivere, e di vivere bene. (...)
Esistono d'altronde alcune sottili forme di suicidio che si schierano contro l'istinto vitale: il fumo, l'alcol, la droga, la velocità eccessiva quando si è al volante, eccetera. Il minimo che si possa fare per riconoscere a se stessi il diritto alla vita è evitare di danneggiarla o di degradarla.
Le convinzioni che rinforzano il gusto e il diritto di vivere sono le seguenti: ho il diritto di esistere, sono responsabile della mia esistenza, sono responsabile della mia integrità fisica, voglio vivere e vivere in buone condizioni fisiche, non faccio niente per rovinarmi la salute, eccetera. (...)

Consapevoli di essere persone uniche e insostituibili
Apprezzare il proprio valore di persone uniche e insostituibili non consiste nel credersi perfetti o migliori degli altri, non spinge a confrontarsi con gli altri, a entrare in competizione con loro o a sminuirli. Essere consapevoli dell'unicità della propria persona significa riconoscere il senso di inviolabilità della propria coscienza, la tranquilla sicurezza e la fierezza di sé.
Purtroppo, alcuni dubitano costantemente del valore della propria persona. Si credono falsi e
indegni di ammirazione e d'amore, segnati da tare congenite. Alcuni, invece, si confrontano costantemente con gli altri, una vecchia abitudine appresa fin dall'infanzia, in seguito ai messaggi ricevuti: "Prendi esempio da tua sorella! ", "Tuo cugino è più bravo di te", "Non ti impegni come gli altri", eccetera. Ogni bambino, ogni individuo è unico, nessun confronto è giustificato. Ecco cosa ne pensa Max Ehrmann: "Se vi confrontate con gli altri, rischiate di diventare orgogliosi e amari, perché esisteranno sempre persone migliori e peggiori di
voi".
Per contrastare queste abitudini così sminuenti, è importante rafforzare la convinzione del valore e dell'unicità della propria persona: ho un valore, sono unico al mondo e incomparabile, sono molto importante, mi tratto con rispetto e aspetto dagli altri lo stesso trattamento, possiedo una dignità personale, mi sento degno di stima, sono fiero di me, sono il miglior testimone della mia vita interiore (di ciò che vedo, di ciò che sento e di ciò che provo), eccetera.

Accettare tutti gli aspetti della propria persona
Ecco una sfida ancora più grande per l'autostima: imparare ad accettare tutti gli aspetti del proprio corpo, la diversità e il movimento delle proprie emozioni, dei propri pensieri, dei propri desideri, dei propri sogni e anche delle proprie ombre, e riconoscere tutto come facente parte della propria personalità. L'ideale sarebbe infatti lasciar emergere in sé il proprio materiale cosciente e inconscio senza interpretarlo, razionalizzarlo, esprimerlo o prenderne coscienza, perché si potrebbe avere la tendenza a censurare una sensazione spiacevole, un'emozione
scomoda, un pensiero imbarazzante, un desiderio indecente o un sogno folle, che si preferirà evitare, occultare e rimuovere in quanto fenomeni inaccettabili. Queste operazioni non faranno altro che aumentare il volume della propria ombra. Quello che non si vuole riconoscere e accettare continuerà ad agire dentro di noi e su di noi contro la nostra volontà.
Per evitare queste dannose rimozioni, si deve assumere la posizione di un osservatore che, invece di identificarsi nei propri stati d'animo, li lascia passare come nuvole evanescenti. Questo è il ruolo e l'effetto di un'autentica meditazione.
Chi accoglie se stesso in tutte le sfaccettature del proprio essere si lascerà guidare dalle seguenti convinzioni: accetto di sperimentare tutte le parti del mio essere per la sola ragione che mi appartengono, accetto la presenza dei miei pensieri, anche se non sempre posso realizzarli, accetto di provare le mie emozioni e i miei sentimenti anche se sono sgradevoli o frustranti, cerco di essere in armonia con tutte le parti del mio essere, eccetera.

Amarsi e sentirsi amati.
I segni gratuiti di attenzione e di affetto prodigati dai familiari e dagli educatori incitano il bambino a guardare a sé in modo affettuoso e caloroso, imparando così a considerarsi il "migliore amico" di se stesso. Come si manifesta questa amicizia con se stessi? Un amico intimo ascolta, comprende, incoraggia ed esprime il suo amore benevolo e compassionevole. L'individuo che si considera amato agirà nello stesso modo nei propri confronti. L'amore di sé comincia con un`autentica compassione nei confronti di se stessi. Invece di litigare per gli errori commessi, invece di rimproverarsi nella sofferenza e di umiliarsi negli insuccessi, la persona che ama se stessa si ascolta, si consola, si incoraggia e fa affidamento su di sé.
Anche il fedele e costante amore di sé gioca un ruolo determinante nell'amore del prossimo. (...)

Ogni lavoro sull’autostima mira ad assicurare all’io cosciente una maggiore autonomia, definita come la libertà di agire secondo le proprie decisioni. Essere autonomi significa dunque riuscire a liberarsi progressivamente dai condizionamenti istintivi così come dai condizionamenti sociali e culturali appresi 0 "introiettati" in sé. Significa inoltre poter disporre della propria vita seguendo le inclinazioni più vere e profonde del proprio essere, invece di seguire ciecamente i diktat della persona, del proprio io sociale. Significa infine saper fare scelte conformi alla propria identità. Insomma, vuol dire diventare se stessi e realizzare la propria missione personale. (...)

Il falso io
Alla periferia dell’io cosciente si colloca la persona, o io sociale, che ha la funzione di adattare l’individuo alle attese e alle esigenze reali o immaginarie dell’ambiente. Il bambino impara presto nella vita a rispondere alle attese dei suoi primi educatori, a cercare di piacere per farsi accettare meglio da loro. Lo sviluppo normale della sua persona lo abilita a vivere in armonia con l’ambiente, risparmiandogli il maggior numero di urti possibile. Sente l’esigenza fondamemale di essere riconosciuto e di tessere i legami di appartenenza alla sua comunità immediata. Crea questi legami obbedendo ai regolamenti e alle leggi del gruppo, anche se deve scendere a compromessi su alcune delle proprie tendenze e dei propri gusti.
Ma nel corso della formazione normale della persona possono verificarsi incidenti, ed é quello che accade quando i primi educatori adottano comportamenti incoerenti, sia perché inviano al bambino messaggi contraddittori, sia perché non rispondono alle sue esigenze di base. In questi casi, il bambino fa fatica ad adattarsi. Per sopravvivere, non ha altra scelta che nascondere ciò che é, e usare strategie di adattamento difensive e rigide.
Per proteggersi, adotterà allora una facciata accomodante, un "falso self", stando all ’espressione
di Winnicott, specialista dello sviluppo infantile. Il falso io nasce fin dai primi tentativi di adattamento falliti a causa dei comportamenti frustranti e contraddittori della madre. Il bambino, perturbato nella sua relazione primaria da queste delusioni, si costruirà una facciata di protezione. Invece di presentare una persona sana, un io sociale adattato, tenterà di eludere questo mondo, che percepisce come intrusivo, incoerente e minaccioso. L’adattamento malsano a cui si dedica, invece di avvantaggiare il suo io cosciente, contribuirà alla sua alienazione.
Il bambino, poi l'adolescente, si costruirà subito una persona-armatura e non oserà più esprimere i suoi sentimenti e le sue emozioni più autentiche. Si ingegnerà a manifestare solo quelli che crede accettabili e tollerabili dall’ambiente che lo circonda. L'analisi transazionale qualifica questa tattica di sopravvivenza come "traffico di sentimenti". Il giovane, di conseguenza, si servirà delle manovre manipolatrici che Eric Berne ha esposto
nella sua opera, A che gioco giochiamo? La cosa drammatica è che perde l’occasione di acquisire un’autentica stima di sé.
Alcune persone assumono la consapevolezza del loro falso io in mezzo ad altre persone vere e autentiche. (...)

Da "Dalla stima di sè alla stima del Sè" - Monbourquette Jean

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