
Quando si parla di felicità la mente corre a una sorta di spot pubblicitario patinato dove le persone sprizzano gioia da tutti i pori, immerse in uno stato di perenne beatitudine in cui tutto funziona perfettamente: le situazioni esterne combaciano al 100% con le loro aspettative, sono sempre circondate da interlocutori amichevoli, stimolanti, spiritosi, intelligenti, entusiasti, altruisti, sono in salute, eleganti, vivono in un bell'ambiente e tutto scorre che è un piacere. Sommo gaudio, il rapporto con il rispettivo partner è un idillio. E nel finale riecheggia un tranquillizzante "e tutti vissero felici e contenti". Sembra proprio di trovarsi nel Paese delle Meraviglie, calati in una favola incredibile. Incredibile appunto.
Infatti quando ci svegliamo da questo sogno a occhi aperti, ci rendiamo conto che non potrà mai tradursi in realtà e per la legge del contrappasso finiamo per convincerci dell'esatto contrario: ovvero che la felicità sia impossibile da realizzare e ancor più da mantenere. Quindi la felicità non esiste! E' una chimera, al massimo possono esistere dei fugaci momenti in cui ci divertiamo, ci sentiamo euforici, siamo spensierati, ma poi i problemi, gli imprevisti, i litigi, le delusioni, gli abbandoni, le malattie, gli insuccessi ci riassorbono e implacabilmente si traducono in una ferrea convinzione: la felicità non è di questo mondo. Così la felicità diventa un'utopia. Ma in realtà anche questa visione è totalmente sbagliata e dipende tutta dalla nostra superbia, dalla presunzione di sapere come stanno le cose, da questa maledetta quanto radicatissima convinzione che l'uomo possa godere della felicità sono in rari e fugaci momenti. In realtà non riusciamo a godere la felicità per un motivo banalissimo: la rincorriamo nella direzione sbagliata.
In ogni situazione della vita quotidiana ci si offre l'opportunità di conquistarla o di perderla: dipende solo da noi e dal nostro atteggiamento mentale. La gioia di vivere infatti non deriva da una situazione esterna favorevole, ma da una dimensione interiore in cui impariamo a calarci. Dobbiamo semplicemente lasciar spazio a un comportamento diverso a cui non opporre resistenza: si evita così quel circolo vizioso di convinzioni che conduce a credere che esser felici sia una meta irraggiungibile. Dopo, la strada è in discesa.
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"E' come un mito, una leggenda: tutti ne parlano ma chissà chi l'ha davvero conosciuta, pochi sono così fortunati da assaporare a lungo il suo gusto inconfondibile... Merce rara e preziosa, talmente rara che a volte nonostante una paziente e tenace ricerca non la si trova. Anzi, più la rincorriamo e più ci sfugge di mano all'ultimo minuto come una farfalla su un prato". Questa è l'opinione comune sulla felicità. Un fatto è certo: crediamo di sapere tutto di lei. Invece di questo stato di grazia ignoriamo l'aspetto più importante e veritiero: la felicità è dentro di noi. Evitiamo di rincorrerla inutilmente, o aspettarla come un dono o un premio: alla felicità abbiamo diritto tutti. L'uomo è una creatura privilegiata: il suo tesoro lo costudisce dentro di sè. La felicità è in grado di distillarla continuamente nel laboratorio alchemico più potente che esista: il cervello.
Può sembrare un'utopia, invece è l'uovo di Colombo: non occorre cercarla o meritarsela, gli studi scientifici dimostrano che il nostro cervello è programmato a secernerla continuamente, in ogni momento. In ogni istante, mentre noi rincorriamo pensieri, progetti, obiettivi, il cervello sta "felicitando" ossia si sta predisponendo a creare una condizione di pienezza e di soddisfazione, che non dipende dalle circostanze esterne e non ha "scadenza" temporale. Se le emozioni agiscono come perturbazioni, è anche vero che il cervello tende all'equilibrio mantenendo sempre attive le centraline del piacere e della gratificazione, secernendo endorfine e neuro trasmettitori, in particolare la serotonina, responsabili di uno stato di piacevole benessere.
Ma allora perchè sembra rara?
Se il cervello è pronto a generare felicità in ogni momento, tuttavia a prevalere sono soprattutto gli stati d'animo negativi. Proliferano i brutti pensieri: le preoccupazioni e l'ansia mettono radici e infestano il cervello come le erbacce un campo. Se vogliamo sfruttare appieno il potenziale di felicità che il nostro cervello secerne, occorre aiutarlo con l'atteggiamento giusto. Come una donna gravida accoglie con fiducia il feto che cresce in lei, e riesce a garantirgli tutto ciò di cui ha bisogno senza alcuno sforzo, anche noi dovremmo assecondare la natura e non interferire con i suoi processi. Altrimenti rischiamo di far abortire un processo che tenacemente e pacificamente tende ad andare avanti.
Ci sono atteggiamenti e convinzioni che la rendono inaccessibile: eccone alcuni che tuttora fanno legge nel nostro vivere quotidiano. Non senza danno:
- E' rara, eccezionale; si ignorano tutte le piccole ore felici. Quanti sono i momenti davvero felici nella vita? Li contiamo sulle dita di una mano e corrispondono ad eventi eccezionali: il matrimonio, il primo amore, la laurea, la firma di un buon contratto, una vacanza memorabile, la nascita di un figlio... E nella vita di tutti i giorni? Non può esserci: pensiamo sia incompatibile con la routine e la normalità. Ma così molti momenti felici non vengono afferrati proprio perchè non ci aspettiamo di viverli. Ci facciamo trascinare dagli eventi e non ci fermiamo a "gustarli".
- Bisogna meritarsela; pensiamo a torto che arrivi lottando. In fondo siamo convinti che, come tutti i premi dobbiamo meritarcelo. Per essere degni dobbiamo sottoporci a un duro lavoro, rinunce, abnegazione, magari concedere un doveroso tributo di dolore. Dobbiamo sforzarci, lottare con noi stessi e col mondo, ottenere successi. Riteniamo, a torto, che soltanto chi è stato davvero infelice può apprezzare la felicità. Ma non è così: la gioia e dolore sono stati momentanei, non hanno alcuna connotazione morale intrinseca. A meno che non gliela diamo noi.
- Dipende dall'esterno; legata alle "cose" non può più muoversi. Spesso si guarda con diffidenza alle persone che pur avendo davvero poco, si dicono felici. Pensiamo che siano ingenue, persone di poche pretese... In realtà siamo noi ad esserlo quando ci facciamo convincere dall'idea che non si può essere felici quando si è soli, o con pochi mezzi, senza una bella casa, un lavoro gratificante. Sono le condizioni che poniamo alla felicità a renderci dipendenti e infelici, sempre alla ricerca di qualcosa che arriverà domani o meglio solo quando qualcos'altro si sarà realizzato.
Da "Riza psicosomatica n° 301" (Libri di Riza disponibili qui)