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lunedì 18 ottobre 2010

Cervello e Quoziente Intellettivo


Immaginate per un attimo di non sapere dove si trovi il cervello, e che un amico vi chieda: "Qual è il centro dei sentimenti, delle emozioni, dei pensieri, dei ricordi, degli impulsi e dei desideri?" Come molti altri (compreso Aristotele!), potreste rispondere, in piena razionalità, che il cervello è situato nella zona del cuore e dello stomaco, perchè è là che si avvertono più regolarmente e distintamente le manifestazioni fisiche dirette dell'attività mentale.
Anche se grazie ai computer e ai microscopi elettronici stiamo dando la caccia alla preda più sfuggente che il genere umano abbia mai cercato di scoprire, dobbiamo ammettere che la percentuale complessiva di conoscenze acquisite sul cervello ammonta a meno dell'1% di ciò che c'è da sapere. Quando una serie di test sembra dimostrare che la mente funziona in un certo modo, ecco un nuovo test che propone una teoria che contraddice le precedenti, o un essere umano dotato di un cervello che costringe la scienza a rivedere le proprie posizioni.
Attualmente, il risultato dei nostri sforzi si riduce alla consapevolezza che il cervello sia infinitamente più complesso di quanto pensassimo in passato, e che chiunque possieda un cervello cosiddetto "normale" è dotato di capacità e potenziale enormemente superiori rispetto a quanto si credesse un tempo.
Gran parte delle discipline scientifiche, nonostante l'apparente diversità, è elaborata con un medesimo sistema, il cui fulcro è il cervello. I chimici si occupano delle complesse strutture chimiche che esistono e interagiscono nella mente; i biologi vanno alla scoperta delle funzioni biologiche del cervello; i fisici individuano paralleli con le loro ricerche nello spazio più remoto; gli psicologi cercano di definire con precisione la mente, ma scoprono che si tratta di un'esperienza frustrante tanto quanto cercare di mettere un dito su una particella di mercurio; i matematici, che hanno elaborato i modelli dei computer più sofisticati e dello stesso universo, non sono ancora riusciti a scoprire la formula delle operazioni che si svolgono regolarmente ogni giorno nella nostra mente.
(...)
Si dice che i test per il Quoziente Intellettivo misurino l'"intelligenza assoluta" e quindi non possano sbagliare. A parte il fatto che il risultato di un test può essere modificato in misura significativa da un pò di esercizi mirati, ci sono altri argomenti a sfavore.
Prima di tutto, lo studio Berkeley sulla creatività ha dimostrato che una persona il cui QI sia stato giudicato alto non necessariamente evidenzia: indipendenza di pensiero; indipendenza d'azione; senso dell'umorismo o capacità di comprenderlo; capacità di apprezzare la bellezza; ragionevolezza; relativismo; capacità di godere della complessità e della novità; originalità; cultura generale; eloquenza; flessibità; sagacia.
In secondo luogo, chi afferma che il test misura una gamma vasta e assoluta di capacità umane, non considera che dovrebbe fare riferimento a tre ambiti fondamentali:
  1. Il cervello che viene esaminato
  2. Il test stesso
  3. I risultati del test
Purtroppo, i fautori del test sul QI si sono occupati solo del test e dei risultati, trascurando la reale natura del cervello testato.
Non hanno considerato, cioè, che il test non mette alla prova le effettive capacità umane, ma misura prestrazioni che non sono state curate o sviluppate. Le loro affermazioni sembrano quelle di un immaginario osservatore dei piedi femminili orientali, all'epoca in cui venivano fasciati per rimpicciolirli. I piedi delle neonate erano avvolti fin dalla nascita nelle bende, che venivano rimosse solo alla fine dello sviluppo. Lo scopo era di bloccare la crescita degli arti, creando piedi delicati.
Presumere, come poteva fare quell'osservatore, che tali misure corrispondessero a dimensioni corporee naturali e pienamente sviluppate, sarebbe stato assurdo come presumere che i test sull'intelligenza possano misurare le dimensioni naturali della mente. La nostra mente, come i piedi delle donne orientali, è stata "bendata" dal modo in cui l'abbiamo erroneamente giudicata e allenata e, di conseguenza, si è sviluppata in modo innaturale.
Un dato a difesa dei test sul QI è costituito dalla loro storia. Non sono stati elaborati, come spesso si è creduto, come metodo per "reprimere le masse". Al contrario, lo psicologo francese Binet osservò che i bambini che ricevevano un'istruzione superiore appartenevano quasi esclusivamente alle classi più agiate. Ritenendo che si trattasse di un'ingiustizia, inventò i primi test d'intelligenza per consentire a ogni bambino dotato di capacità mentali sviluppate di poter proseguire gli studi. I test offrirono nuove possibilità a bambini che altrimenti ne sarebbero stati privati.
Considerate i test sul QI alla stregua di giochi, o di rilevatori del vostro attuale stato di sviluppo mentale in specifiche aree. In seguito, potranno essere usati per valutare gli sviluppi nelle stesse aree, o per migliorare ed espandere tali capacità, determinando un corrispondente aumento del QI.

Da "Usiamo la testa" - Tony Buzan

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