Dove finisce la nostra energia quando, al sopraggiungere della primavera ci troviamo fiacchi e svogliati?
Si disperde in mille rivoli, infiniti investimenti senza ritorno. Canali "a perdere", troppi a cui diamo troppa importanza, e alla fine ci lasciano prosciugati.
Mariti e mogli da accontentare, amanti a cui dedicare attenzioni, genitori cui ubbidire, figli da far felici, amici di cui ricordarsi, lavori che ci tengono in ansia, case che ci costano, vacanze da programmare per tempo, ideali da perseguire con ostinazione, oggetti da preservare con cura, pensieri fissi che ci tormentano, problemi irrisolti, tanti doveri da cui non si può derogare, obiettivi tassativi da raggiungere a ogni costo, sogni nel cassetto, speranze dichiarate o coltivate di nascosto, il nostro ruolo in società, la nostra immagine a cui teniamo tanto o con cui non andiamo affatto d'accordo... chi più ne ha più ne metta, nella lista interminabile dei risvolti esistenziali che ci invischiano e ci salassano.
Questo andazzo ci lascia così frastornati da non essere più in grado di stare sulle cose che contano. Come la capacità, in primavera, di lasciarci tutto alle spalle e di ripartire in scia all'universo che sta rigenerandosi.
Non esistono statistiche certe sulla diffusione dell'esaurimento nervoso; sicuramente esplode in primavera, e anno dopo anno colpisce sempre più persone, tanto che oltre la metà degli italiani dichiara di sentirsi al limite delle forze proprio in questo periodo.
Le donne ne soffrono in percentuali almeno doppie rispetto agli uomini, e anche gli adolescenti colpiti da esaurimento sono molti di più che in passato. (...)
Esaurimento nervoso: tale definizione, entrata nel vocabolario comune, indica in realtà un disturbo psicologico sfumato e non ben definito. Per descriverlo con maggior precisione, lo psichiatra americano Beard, sul finire del 19° secolo, coniava il termine "nevrastenia", pensando che l'affaticamento mentale fosse dovuto a una perdita del nutrimento (e quindi di energia) immagazzinata nei neuroni. Questa impostazione, pur sottoposta a critiche fin dai suoi esordi, sarebbe rimasta in uso fino all'affermarsi della psicoanalisi. Freud distinse diversi tipi di nevrosi all'interno della nevrastenia e indicò come causa dell'esaurimento l'incapacità dell'individuo di liberare la propria energia sessuale.
Una sindrome subdola, un malessere diffuso, non imputabile a una causa definita. E' stata chiamata in molti modi, quello che meglio lo raffigura forse è... la stanchezza di vivere. E' lui, il nemico, l'esaurimento nervoso. Qualcosa che ci risucchia lentamente, ma inesorabilmente l'energia vitale.
Chi guida questo strumento che ci aspira la vita e come fare a staccarcelo di dosso? Siamo noi stessi con il nostro modo di porci nel mondo fatto di attaccamenti, di eccesso di formalismo, di controllo estremo: tutti comportamenti che ci invischiano, ci stringono, ci fanno muovere in ogni situazione con tanta fatica. E' come se vivessimo con decine di zavorre o di corde che ci legano al terreno e ci impediscono di essere liberi, intrappolati nei nostri attaccamenti. Vediamo quali sono i più comuni:
- Sulle orme di papà perdi la tua strada. Un rapporto eccessivamente stretto di dipendenza o di dedizione tra genitori e figli è dannoso. Come quando vogliamo a tutti i costi che i figli realizzino un "nostro" sogno e a questo progetto sacrifichiamo tutto: tempo, interessi, soldi. Nel momento in cui quel sogno non si realizza, tutto ci crolla addosso e ci sentiamo completamente svuotati. Così, da figli, può capitarci di aver puntato tutto sulla laurea che volevano i genitori, ma non noi, e di sentirci incapaci di studiare, non avere più energie di fronte all'ultimo insuperabile esame.
- A muoversi in gregge si diventa pecore. Ci facciamo condizionare troppo dal gruppo, branco o compagnie e vogliamo a tutti i costi aderire ai modelli degli altri. Quando spendiamo le giornate a cercare di avere lo stesso look, le stesse auto, lo stesso corpo e modo di muoverci di chi reputiamo più vincente di noi, siamo già condannati.
- Ti aggrappi allo scoglio... e affoghi. Se un amore è finito, è finito e dobbiamo lasciarlo andare via. Quando ci ostiniamo, invece, facciamo di tutto per trattenere un partner che sta sfuggendo, spendiamo un carico enorme di energie. Un enorme lavoro, mentale e fisico per trattenere, convincere, riconquistare... chi in fondo forse non amiamo neppure più.
- Fai degli oggetti uno scopo di vita. Spesso anche gli oggetti, quelli che ci circondano nella vita quotidiana, possono trasformarsi in pericolosi attaccamenti. I mobili di casa, i gioielli, gli abiti diventano "scopi di vita". E per averne sempre di più o per mantenerli in perfetto ordine, ci spremiamo sino all'inverosimile. A rischio sono soprattutto le casalinghe che sommano al dispendio energetico la ripetitività dei gesti.
- Insegui un sogno ma era un incubo. Diventare qualcuno a tutti i costi, senza sapere se "quel" qualcuno è una trappola mortale per la nostra energia. Tutti tesi a controllare ogni situazione, rinchiudiamo il nostro orizzonte vitale in pochi centimetri e teniamo in vita un'idea, un'identità che è già morta milioni di volte.
Ci scordiamo che siamo un oceano di onde sempre diverse l'una dall'altra e ci sforziamo di restare solo una pozza d'acqua perennemente uguale a se stessa, un'isola in un oceano. E' la nostra resistenza al cambiamento che ci fa tenere tutto stretto dentro di noi, che ci fa dimenticare che esaurimento deriva da ex-aurire e cioè "espellere", "svuotare", "buttare via".
L'energia di cui il nostro corpo dispone per vivere e per svolgere le sue funzioni è finita. Se d'abitudine arrivi stanchissimo a fine giornata, quindi, c'è qualcosa che non va: o stai opponendo resistenza al fluire delle cose, alle trasformazioni del tuo essere, alla tua carica erotica, oppure ti perdi troppo nei particolari, curi con eccessiva attenzione dettagli inutili che, oltre ad allontanarti dal "centro", finiscono per intasarti il cervello.
Come puoi rinascere completamente rinnovato ogni giorno se ti ostini a ritoccare e perfezionare aspetti di te ormai desueti invece di lasciarli morire e buttarteli alle spalle? Smetti di rimanere fedele al personaggio che credi di essere da sempre, accetta la possibilità di cambiare qualcosa nel tuo modo di fare, di vestire, di parlare, di essere. Prendi coscienza del fatto che tu non sei più lo stesso di prima e anche le tue esigenze cambieranno. Se continui a perseguire il sogno che avevi quand'eri bambino e non ti accorgi che ciò che stai cercando di realizzare è ormai morto da tempo, sprechi inutilmente le tue forze.
Per questo sei stanco! Hai bisogno di troppa energia per mantenere in vita le parti "morte" di te stesso! Abbandonati al piacere della scoperta di come sei giorno per giorno, senza pregiudizi, senza false convinzioni, accettando con gioia quello che viene... e vedrai che la stanchezza, come per incanto, svanirà.
Da "Riza psicosomatica n°253" (Libri di Riza disponibili qui)