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martedì 16 novembre 2010

Cervello: i neuroni si riproducono

neuroni cervello
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Uno dei capisaldi della cultura e della conoscenza del cervello umano è stato, per decenni, l'idea che la produzione di nuove cellule cerebrali, i neuroni, fosse confinata alla fase embrionale dello sviluppo e terminasse poco dopo la nascita. Ci veniva insegnato, insomma, che nasciamo con un bagaglio di moltissimi neuroni destinati a ridursi progressivamente con l'età, e che la possibilità di crescita di nuove cellule cerebrali in età adulta è impossibile. L'invecchiamento era considerato quindi inevitabile e, quasi come consolazione, si identificava lo sviluppo della saggezza in età matura con il rafforzamento dei collegamenti tra neuroni, le cosiddette sinapsi.

Questo dogma sul nostro cervello nasce nel 1913, quando il grande neuroanatomo spagnolo Ramòn y Cajal, vincitore del premio Nobel alcuni anni dopo, concludeva che il cervello era una struttura immutabile, stabile e definitiva. La sua influenza è stata talmente grande che persino le parole di un gigante della psicologia, William James, che aveva ipotizzato la straordinaria plasticità cerebrale, sono rimaste inascoltate. Come pure lettera morta sono stati i primi studi di Joseph Altman, scienziato del prestigioso M.I.T., pubblicati sulla prestigiosissima rivista Science, che avevano dimostrato già 45 anni fa l'esistenza di nuovi neuroni in varie specie di mammiferi.
Il dogma dell'immutabilità del cervello adulto aveva reso il mondo scientifico sordo a queste e ad altre dimostrazioni che vennero pubblicate su riviste prestigiose tra le quali Nature.
L'idea che il cervello potesse generare neuroni anche in età adulta iniziò a prendere piede nell'ambiente scientifico soltanto nel 1990, con l'osservazione nei ratti adulti e nelle scimmie dello sviluppo di nuovi neuroni in una particolare area del cervello chiamata ippocampo. Da allora gli studi si sono moltiplicati dimostrando che il cervello è una struttura estremamente plastica e non rigidamente determinata alla nascita. E che può ancora crescere in età adulta (...)

Ancora moltissimo resta da chiarire e da scoprire, ma di sicuro il concetto che esiste per ognuno di noi la possibilità di sviluppare il cervello anche in età adulta apre le porte a un nuovo concetto di benessere mentale.
Sharon Begley, brillante giornalista scientifica e autrice di Train Your Mind, Change Your Brain, si chiede "Possiamo cambiare?" e la risposta, in base alle evidenze neuroscientifiche, è affermativa: sì, il cervello può cambiare la sua struttura fisica nel corso di tutta la vita.
E' un pò come un buon amministratore: assegna gli spazi in relazione ai bisogni e all'uso. Se una funzione viene usata di più, avrà a disposizione più spazi: questo spiega perchè il cervello di un pianista assegnerà uno spazio cerebrale maggiore alle regioni che controllano il movimento delle dita.
In questo senso, la struttura cerebrale riflette la vita che abbiamo condotto, e quindi dobbiamo diventare consapevoli della nostra responsabilità nel forgiare il cervello e nel mantenerlo efficiente. Le implicazioni di tale consapevolezza spianano la strada a ipotesi finora impensabili: se, infatti, possiamo plasmare il nostro cervello, esiste forse la possibilità concreta di riparare le predisposizioni verso le malattie mentali e magari addirittura di coltivare attitudini importanti quali l'empatia e la compassione.

Il primo studio che ha evidenziato come il cervello sia in grado di riorganizzare funzioni e struttura in base alle necessità e all'esperienza è di Michael Merzenich e John Kaas, dell'Università della California a San Francisco. I due studiosi avevano tagliato il nervo mediano della mano di una scimmia per osservare la reazione della corteccia cerebrale deputata a ricevere le informazioni dall'area della mano bloccata dalla lesione.
Ci si attendeva che quell'area cerebrale, non ricevendo più stimoli dalla mano, si atrofizzasse. Invece, incredibilmente, la zona del cervello originariamente assegnata a ricevere informazioni dalla mano lesa veniva attivata dalla stimolazione di altre parti della mano non colpite dalla lesione del nervo: il cervello, non ricevendo più segnali dall'area in origine legata alla zona amputata, si era riorganizzato riutilizzando quegli spazi per altre funzioni attive.

Questa plasticità è stata poi ulteriormente indagata in maniera straordinaria grazie agli studi condotti sul funzionamento del cervello nelle persone cieche o sorde dalla nascita. La zona del cervello naturalmente assegnata alla percezione della vista, la corteccia occipitale presente dietro la testa, nelle persone cieche dalla nascita viene di fatto riassegnata ad altre funzioni.
Nel 1996, in uno studio pubblicato su Nature, il ricercatore giapponese Norihiro Sadato ha dimostrato che la lettura braille in persone cieche attivava la corteccia visiva primaria. Nel 2003 lo scienziato israeliano Amir Amedi è andato ancora oltre, appurando che la corteccia visiva primaria veniva attivata dal linguaggio nelle persone cieche.
Dunque il cervello dei non vedenti è in grado di "vedere" la lettura e il linguaggio. Analogamente, l'area del cervello originariamente assegnata all'udito, la corteccia uditiva primaria, nelle persone sorde dalla nascita viene utilizzata per vedere. (...)

Il cervello non soltanto è plastico, ma è addirittura capace di crescere, producendo nuovi neuroni anche in età adulta. (...) Il coinvolgimento dell'ippocampo nella neurogenesi è particolarmente significativo perchè questo nucleo è implicato sia nella memoria sia nell'apprendimento e diversi studi suggeriscono che esista effettivamente un collegamento tra queste funzioni e la produzione di nuovi neuroni.
Sappiamo quanto la memoria e l'apprendimento siano cruciali per il benessere mentale (...)

Ma come si fa a indurre neurogenesi nel proprio cervello?
Uno dei più potenti metodi per stimolare la crescita di nuove cellule cerebrali sembra essere l'esercizio fisico... A conferma di ciò, nel 1999 il brillante ricercatore olandese Herman van Praag, insieme con due dei massimi esperti in neurogenesi, Gerard Kemperman e Fred Gage, ha dimostrato che i topini che si esercitavano correndo, riuscivano a sviluppare nuove cellule in quantità doppia rispetto ai topini sedentari.
Attenzione però: la neurogenesi è stimolata soltanto se l'esercizio viene effettuato volontariamente, mentre la costrizione passiva al moto non sembra sortire lo stesso effetto.
Altro fattore determinante in questo senso è l'esposizione a un ambiente ricco di stimoli. Posti in un ambiente ricco di stimoli esterni, in soli 45 giorni i topini da laboratorio avevano visto aumentare del 15% la produzione (e la sopravvivenza) di nuovi neuroni in una parte specifica dell'ippocampo chiamata giro dentato. E' importante notare come questo fenomeno si era verificato anche nei topini anziani e non solo nei più giovani, a testimonianza del fatto che la neurogenesi potrebbe realmente non avere un'età limite.

Altri elementi in grado di stimolare la neurogenesi sono gli ormoni sessuali, il controllo della dieta, l'assunzione degli omega-3, la deprivazione di sonno per una notte. Viceversa lo stress, l'invecchiamento, la deprivazione di sonno prolungata, l'assunzione cronica e ripetuta di droghe, alcol e nicotina sembrerebbero contrastare la crescita di nuovi neuroni nell'ippocampo. (...)
Infine un discorso a parte merita il rapporto tra depressione e neurogenesi. Tutti i più importanti metodi terapeutici efficaci nella cura della depressione sembrerebbero capaci di stimolare la neurogenesi (...)

Estratto dal libro "Psicofitness"  di Giampaolo Perna e Giulio Divo

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