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lunedì 15 novembre 2010

Il potere della felicità

felicità aiuto
Se siamo tanto intelligenti, perchè non siamo felici? Non lo siamo perchè non abbiamo ancora creato una visione della vita che possa realizzare questa magnifica realtà. Ma possiamo farlo! Siamo costruttori di convinzioni.
Ogni visione porta con sè la sua particolare esperienza di vita e il suo metodo. Molte volte l'impatto sfida la nostra immaginazione. L'esplorazione di ciò che è "fuori da noi" ci attrae e ci spinge ad affrontare molteplici avventure. La vita contemporanea è talmente ricca di possibilità da offrirci l'agio e i mezzi per sollecitare ogni fantasia. (...)
La visione del mondo che ci guida, invece, sembra particolarmente antiquata. Esprimiamo la rabbia più o meno nello stesso modo in cui la esprimavamo milioni di anni fa, quando le armi erano di pietra. Giudichiamo il prossimo come si faceva centinaia di anni fa quando chi viveva o pensava diversamente da noi veniva messo al bando o addirittura in galera.
Reagiamo al malessere quotidiano e alla paura delle malattie, con le droghe, l'alcool, il suicidio, lo stupro o l'omicidio. Tutto è cambiato, ma nulla è diverso. Abbiamo imparato solo a far meglio la guerra e a non vedere ciò che non vogliamo vedere.
Con a disposizione un tale dispiegamento di possibilità e di intelligenza, che cosa potremmo creare per cambiare la nostra visione del mondo e l'atteggiamento col quale guardiamo a noi stessi e agli altri? Possiamo prendere alcune parole semplici come felicità, amore e pace e ricorrere alle nostre abilità per renderle subito comprensibili e tangibili? (...)

I sogni sembrano tutti impossibili finchè qualcuno non li fa avverare. (...) Il desiderio combinato con la passione e con le capacità della mente può dar vita alla felicità intesa come esperienza umana di lunga durata e volta al cambiamento.
Che cosa significa essere felice? Alcuni ritengono che la felicità corrisponda a uno stato di soddisfazione, conforto, appagamento e pace totale. Altri fanno riferimento alla gioia, all'eccitazione, alla comunione con gli altri. Per ognuno la sensazione di felicità potrebbe essere un'eccezione; tuttavia tutti sappiamo riconoscerla. Si possono notare alcune caratteristiche comuni a tutti. Quando si è felici con se stessi, si è in grado di accettarsi (di non sottoporsi a giudizio). Quando si è felici con gli altri, si è in grado di accettarli (di non sottoporli a giudizio). La felicità ci avvicina agli altri invece che allontanarcene.
Ma, soprattutto, la felicità rende tangibile l'amore. Amare pienamente e completamente una persona vuol dire sentirsi felici con lei, accettarla senza riserve e ringraziare per il fatto che esista. Amare se stessi vuol dire sentirsi felici per quello che si è, accettarsi senza riserve e ringraziare per il fatto di esistere.
Durante le sedute con i pazienti ho sentito più e più volte i bambini dire ai genitori, gli innamorati ai loro amati e gli amici agli altri amici:" Per favore, non potresti amarmi e accettarmi per quello che sono?" In realtà, queste persone chiedono solo che gli altri siano felici con loro. Potrebbero anche desiderare di cambiare, ma chiedono che l'amore non sia subordinato a ciò.
Molte persone non danno peso alle critiche altrui, ma poi si autocondannano perchè sono troppo grassi, troppo fiacchi, troppo timidi o troppo irruenti. Ciò che con le parole e col silenzio vogliamo dagli altri, lo neghiamo a noi stessi. Ma possiamo diventare dispensatori di regali a noi e agli altri, e i regali che possiamo offrire sono la felicità, la pace, l'amore, e l'accettazione degli altri che ne deriva.
Se spezziamo la cappa di malessere che ci opprime (paura, rabbia, depressione, ansia, odio, gelosia, cattiveria), ci rendiamo liberi di vedere le cose con più chiarezza, di conoscerle più profondamente, di essere più aperti e pieni di energia per affrontare ogni prova della vita. Al contrario, l'infelicità fa pagare un enorme tributo quotidiano. L'infelicità trastorna, diminuisce la resistenza, prosciuga l'energia e porta a compiere un numero senza fine di atti autodistruttivi. (...)
Nessun'altra forza al mondo ha lo stesso effetto che hanno la gioia e lo star bene che emanano dalla vera felicità di amare qualcuno. Se ci impegniamo a creare un nuovo mondo di pace, dentro e fuori di noi, tutto quel che è successo in precedenza diventa irrilevante. Bisogna solo incominciare in qualche modo... con qualcuno. Perchè non con me e con te o con chiunque altro decida di perseguire la felicità?
(...)
Non siamo nati infelici, ma abbiamo imparato ad esserlo. E, in più, siamo diventati maestri nell'insegnare ad altri, e nel rafforzare, l'infelicità.
(...)
L'infelicità è prodotta da determinate convinzioni e da determinati pregiudizi che noi facciamo nostri ma che possiamo cambiare.

Sentiamo spesso noi stessi o gli altri fare affermazioni del tipo: "Quel tale mi fa arrabbiare!""Quel tale mi dà sui nervi!""Se i miei genitori fossero stati più amorevoli o più tolleranti, sarei stato più felice.""Divento pazza, quando devo controllare il libretto degli assegni.""I tuoi problemi riguardo il nostro rapporto mi fanno sentire insicuro.""La loro proposta mi mette in agitazione." Parliamo come se le nostre emozioni (paura, rabbia, felicità, pazzia, insicurezza e agitazione) fossero causate da persone e/o avvenimenti esterni a noi. (...)
Gli avvenimenti sono avvenimenti, appunto. Ognuno reagisce scegliendo da che punto di vista considerarli e a quali convinzioni e principi far riferimento. Non c'è nessuno nella nostra testa a manovrare i fili. Facciamo tutto da soli.
Si potrebbero interpretare queste potenzialità come una dannazione. Rendersi infelici da soli! Far soffrire se stessi! Ma questa possibilità di scegliere può anche essere vista come un fatto molto positivo. Se abbiamo la possibilità di rendere noi stessi infelici e pieni di rancore, allora abbiamo anche la forza di concederci esperienze di gioia e di pace della mente. Invece che essere vittime delle circostanze o prendercela con gli altri per quanto facciamo o proviamo, possiamo responsabilizzarci. Siamo noi che scegliamo il nostro stato d'animo. Siamo costruttori di convinzioni. A questo mondo, la felicità è nelle nostre mani e la sofferenza una possibilità (non inevitabile).

La ricerca della felicità è utile o è un fatto puramente egoistico?
Dopo aver letto una mia pubblicazione, un professore universitario ha definito la ricerca della felicità superficiale, autoindulgente ed egoistica. Non conosco le esperienze fatte da quel signore, ma ho notato che quando le persone sono felici sono molto più amorevoli e disponibili ad aiutare se stesse e coloro con cui vengono a contatto. Tuttavia, le persone che "ragionano" di più possono arguire che bisognerebbe occuparsi di problemi quali la povertà, le malattie, la guerra e il disarmo nucleare, prima che della felicità individuale. La questione è che la felicità, come l'ha intesa il professore che l'ha criticata, non è solo egoistica ma ha un'influenza limitata e quindi non merita un grande rilievo.
Eppure i padri fondatori della nazione americana ritennero la cosa talmente importante da includere nella Dichiarazione di indipendenza la "ricerca della felicità" come diritto inalienabile. Sono pochi, se pur qualcuno l'ha fatto, quelli che, oltre a memorizzare quella dichiarazione e quelle parole, hanno dedicato alla felicità tanta attenzione quanta ne hanno dedicata all'arte del linguaggio, alla matematica, agli studi sociali e alle scienze. (...)
L'ironia sta nel fatto che sia per l'individuo sia per la collettività nulla è più urgente che la felicità personale. (...)
Se anche solo una persona cambia, è felice, si avvicina agli altri in modo amorevole e pacifico, allora il mondo potrebbe essere un luogo di pace. Se ognuno di noi considerasse se stesso o se stessa come un'unica entità in un sistema articolato di interazioni (come, per esempio, innamorato, genitore, amico, figlio, fratello, collega, cittadino), allora, come il sasso che cade nell'acqua, anche il nostro progredire si allargherebbe in un numero infinito di cerchi. La capacità di cambiare ci mette in grado di operare ovunque profonde ed efficaci modifiche. (...)
Se felicità significa che diventiamo più spontanei, più a nostro agio con noi stessi, più tolleranti, rispettosi, più solerti e attivi con le persone con cui abbiamo a che fare, non diventeremmo allora un dono per coloro che incontriamo? Non diventeremmo un dono continuo anche per noi stessi?

Da "La felicità dipende da te" - B.N. Kaufman

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