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lunedì 1 novembre 2010
Psicologia dell'educazione: insegnanti e genitori
Non ha molta importanza se l'educazione e lo sviluppo del bambino si svolgono quasi completamente sotto la direzione del genitore o sotto quella del maestro, purchè il bambino sia correttamente allevato. Ci riferiamo, naturalmente, alla formazione extra-scolastica, che non riguarda l'insegnamento di materie di studio, ma lo sviluppo della personalità, che è l'aspetto più importante dell'educazione. Ora, sebbene entrambi, tanto il genitore quanto il maestro, possano fornire, ciascuno per la propria parte, un apporto all'azione educativa - il genitore correggendo le insufficienze della scuola e il maestro correggendo quelle della casa -, non è meno vero che nelle nostre grandi città, sotto l'influsso delle moderne condizioni economiche e sociali la maggior parte della responsabilità cade sul maestro. Generalmente genitori non sono permeabili alle nuove idee quanto lo sono i maestri, che si interessano professionalmente all'educazione dei giovani. Le speranze della Psicologia Individuale per quanto concerne la preparazione avvenire dei fanciulli si basa soprattutto sulla trasformazione delle scuole e degli insegnanti - anche se naturalmente non rifiuta mai la cooperazione dei genitori.
Ora, durante lo svolgimento del lavoro educativo del maestro, sorgono inevitabilmente conflitti con il genitore. Il conflitto è tanto più inevitabile in quanto l'opera correttiva del maestro presuppone entro certi limiti l'insuccesso del genitore. Il che rappresenta in un certo senso, un'accusa contro il familiare, il quale, a sua volta, spesso la interpreta appunto come tale. In una simile situazione come deve il maestro trattare il genitore?
Le osservazioni che seguono riguardano questo problema. Esse sono state scritte, naturalmente, dal punto di vista del maestro che deve trattare i genitori come un problema psicologico. Se i genitori leggono queste osservazioni non devono offendersi, dato che riguardano solo i genitori poco intelligenti che costituiscono la massa con cui ha da fare il maestro.
Molti insegnanti hanno osservato che spesso è più difficile avvicinare i genitori del bambino difficile di quanto non sia avvicinare il bambino stesso. Ciò significa che il maestro deve sempre procedere con un certo tatto, partendo dalla supposizione che i genitori non sono responsabili di tutti i difetti che il bambino presenta. I genitori dopo tutto, non sono pedagoghi esperti e spesso agiscono solo in base alla tradizione. Quando li si convoca a scuola per parlare dei figli, arrivano sentendosi simili a colpevoli sotto processo. Un tale stato d'animo, rivelatore com'è di qualche intima convinzione di colpa, richiede da parte del maestro un grande tatto. E' considerabile, perciò, che, in questi casi, il maestro tenti di modificare lo stato d'animo dei genitori mettendo le cose su un piano amichevole e cordiale, che si metta a disposizione dei familiari in veste di consigliere e che tenga in debito conto delle loro buone intenzioni.
Non bisognerebbe mai rimproverare i genitori, anche quando ve ne sarebbe ampio motivo. Possiamo arrivare ad ottenere molto di più se riusciamo a concludere una specie di compromesso: quando riusciamo, cioè, a persuadere i genitori a mutare il loro atteggiamento, accettando di procedere secondo i nostri metodi. Non è di nessuna utilità segnare loro gli errori che hanno commesso nel passato trattamento del bambino. Ciò che dobbiamo fare è indurli ad adottare un nuovo sistema. Dicendo loro che hanno sbagliato in questo o in quello, li si offende e si fa passare loro la voglia di cooperare. Di norma il disadattamento di un fanciullo non si verifica da un giorno all'altro come un fulmine a ciel sereno: ci sono sempre degli antecedenti. I genitori vengono a scuola convinti di aver trascurato qualche cosa, ma non si dovrebbe mai fare capire loro che anche noi siamo di questo parere. Non bisogna mai rivolgersi loro in modo categorico o dogmatico. I consigli ai genitori non dovrebbero essere dati mai con modi autoritari. I nostri discorsi dovrebbero sempre contenere dei "forse", "probabilmente", "può darsi", "potreste tentare questa via". Anche se ci rendiamo esattamente conto di dove sia l'errore e di come si possa correggerlo, non dovremmo mai insegnarlo ai familiari in modo brusco, come se volessimo esercitare pressioni su di loro. E' inutile aggiungere che non tutti i maestri procedono con tanto tatto e che non è facile acquisire di colpo una simile maniera di fare. (...)
Nella vita non ci sono principi che valgono per ogni situazione. Tutte le regole vanno benissimo, ma improvvisamente possono non funzionare più. Esistono certamente circostanze che richiedono una parola dura. (...) In questi casi, in cui non ha nessuna importanza riuscire a dimostrare che si è nel giusto, o dimostrare la propria superiorità, ma è solo necessario preparare la via che si deve seguire per aiutare il fanciullo, sorgono naturalmente molte difficoltà. Molti genitori non vogliono sentire consigli. Essi si meravigliano e si indignano, diventando impazienti ed ostili perchè il maestro li ha messi - con il loro bambino - in una situazione così spiacevole. Si tratta di genitori che da tempo cercavano di chiudere gli occhi sui difetti del loro figlio per non vedere la realtà ed improvvisamente i loro occhi sono forzatamente aperti. Si tratta di una situazione molto spiacevole ed è chiaro che un maestro che si avvicina in modo troppo brusco o troppo energico ai genitori perde ogni possibilità di tirarseli dalla propria parte. Molti genitori faranno di più: affronteranno il maestro con un'ondata di parole sdegnate e diventeranno inavvicinabili. In questi casi è meglio far capire ai genitori che il maestro conta sul loro aiuto: è meglio, cioè, tranquillizzarli e portarli al punto di parlare in modo amichevole col maestro. Non bisogna dimenticare che a volte i genitori sono talmente impigliati nelle maglie di metodi tradizionali, antiquati, che non riescono a liberarsene facilmente.
Ad esempio, è naturale che sia difficile per un padre che ha scoraggiato il proprio figlio con parole dure e mostrandogli un viso accigliato, assumere dopo dieci anni, un'espressione amichevole e parlargli con dolcezza. Ed è necessario ricordare a questo proposito che quando un padre cambia improvvisamente il suo atteggiamento verso il figlio, quest'ultimo non si convincerà sulle prime che il mutamento è sincero. Lo considererà un trucco e arriverà lentamente ad avere fiducia del cambiato comportamento. Non fanno eccezione a questa regola persone di alta cultura. C'è l'esempio del direttore di una scuola superiore che aveva quasi fatto scoppiar una neurosi a suo figlio a forza di criticarlo e di rimproverarlo. Il direttore se ne rese conto durante un colloquio con noi. Ma quando tornò a casa fece un'altra predica durissima a suo figlio. Egli aveva perso di nuovo la pazienza perchè suo figlio era stato indolente. Ogni qualvolta il figlio faceva qualche cosa che non gli piaceva, il padre perdeva la pazienza e gli rivolgeva parole assai dure. E se questo è possibile per un uomo che si considerava un educatore, possiamo immaginare cosa può succedere con quei genitori che sono vissuti seguendo il dogmatico concetto che ogni fanciullo deve essere punito con le busse per ogni errore commesso. Conversando con i genitori, l'insegnante dovrà ricorrere, dunque, a sottili arti diplomatiche e far uso delle frasi più caute che gli possono venire in mente.
Non bisogna dimenticare che l'usanza di educare i figli con le percosse è molto diffusa fra le classi più povere. E così capita spesso che ragazzi appartenenti a famiglie povere tornando a casa, dopo la punizione del maestro, trovano un seguito nelle busse da parte dei genitori. Noi siamo nella triste situazione di dover tenere presente che i nostri sforzi pedagogici vengono troppo spesso annullati dal comportamento errato tenuto a casa dai genitori. In questo caso i bambini vengono spesso puniti due volte per la stessa mancanza, quando invece, secondo noi, una volta sola basterebbe.
Si conoscono i risultati spiacevoli che a volte seguono a un doppio castigo. Prendiamo il caso di un ragazzo che deve portare a casa una brutta pagella. Per la paura di venir picchiato, non la mostrerà ai genitori e poi, per non venire punito a scuola, la marinerà, oppure imiterà la firma dei genitori sulla pagella. Non dobbiamo sopravvalutare questi fatti, ma non dobbiamo nemmeno considerarli con leggerezza. Bisogna invece sempre considerare il fanciullo nell'ambito delle varie componenti del suo ambiente. Ci dobbiamo chiedere: cosa succederà per quello che gli sto facendo? Che effetto avrà ciò su questo fanciullo? Che sicurezza ho io che ciò che faccio avrò un benefico effetto su di lui? E' arrivato il ragazzo al punto di poter sopportare questo peso e sarà in grado di imparare qualcosa di costruttivo da esso?
Sappiamo in quanti modi diversi tanto i bambini che gli adulti agiscono alle difficoltà. (...) Chi è abituato a considerare l'uomo un'unità e a osservare i sintomi come facenti parte di una unità, sarà in grado di capire e aiutare un bambino molto meglio di chi, invece, si è abituato a basarsi sui sintomi e li tratta secondo certi rigidi schemi come nel caso di un maestro, che quando un fanciullo non ha fatto i suoi compiti scolastici, avverte immediatamente di ciò i genitori del fanciullo.
Noi stiamo entrando in un'era che porta con sè idee nuove, nuovi metodi e nuove aperture nel campo dell'educazione infantile. La scienza sostituisce le abitudini e le tradizioni ormai sorpassate. La conoscenza che acquistiamo investe il maestro di responsabilità maggiori, ma in compenso gli offre una maggiore comprensione dei problemi dell'infanzia e con essa maggiori possibilità di aiutare i fanciulli che cadono sotto la sua osservazione. La cosa importante che bisogna tenere sempre presente è che una singola manifestazione comportamentale non ha nessun significato se viene isolata dal contesto della personalità globalmente considerata e che saremo in grado di comprenderla solo studiandola in rapporto col resto dell'essere umano.
Da "La Psicologia Individuale nella scuola, dell'educazione e del bambino difficile" - Adler
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