Il nostro cervello emotivo fa sì che un'ampia gamma di giudizi risenta dei nostri umori. Quando viviamo un periodo felice della nostra vita ci sembra davvero di esserci lasciati le preoccupazioni alle spalle, sulla soglia di casa. Quando siamo in uno stato d'animo gioioso la vita ci appare più soddisfacente, il pensiero della morte non ci sfiora, e persino i politici sembrano simpatici. E a tingere di rosa gli occhiali con cui osserviamo la vita può essere un evento straordinariamente insignificante. In un esemplare esperimento, un ricercatore appostato in un grande magazzino fingeva di essere il rappresentante di una azienda e offriva ad alcuni clienti (non a tutti) un piccolo dono per far "conoscere i prodotti dell'azienda".
Quindi, un secondo ricercatore situato poco distante dal primo chiedeva a queste persone (nell'ambito di "un'indagine sulla clientela") di esprimere un giudizio sulla qualità delle loro autovetture e dei loro televisori. Il piccolo dono che i clienti avevano ricevuto era appetibile quasi quanto un distributore di gomme da masticare a boccia. Nondimeno, metteva di ottimo umore chi lo riceveva rispetto agli altri. Questi soddisfatti avventori - stringendo in mano il tagliaunghie ricevuto in dono - davano un giudizio significativamente più positivo su autovetture e televisori rispetto ai clienti che non avevano ricevuto il regalo.
In un altro notissimo esperimento i ricercatori telefonarono ad alcuni studenti in giornate di sole splendente o di pioggia, per chiedere loro se fossero felici in quel preciso giorno, e quanto fossero soddisfatti della vita in generale. Scoprirono così che gli studenti che erano stati contattati in una giornata di bel tempo erano di umore migliore rispetto agli studenti contattati in una giornata di pioggia. L'umore meteoropatico degli studenti influiva sul loro livello di soddisfazione esistenziale: gli studenti intervistati in giornate di sole erano più soddisfatti della vita.
La leggerezza d'animo può addirittura influenzare il modo in cui percepiamo il dolore, e non solo perchè ci distrae dai sintomi fisici. Mentre ero incinta per la seconda volta e leggevo una lista di tecniche per lenire il dolore durante il travaglio, devo confessare di aver deriso il consiglio che veniva dato ai genitori in dolce attesa di profumare l'aria della stanza in cui sarebbe nato il bambino con gli oli usati nell'aromaterapia. Eppure, le ricerche suggeriscono che il miglioramento dell'umore che deriva da un ambiente piacevolmente profumato può ridurre la sofferenza, persino quando siamo del tutto concentrati sul nostro dolore fisico. Ad alcuni volontari fu chiesto di stimare l'intensità e il grado di dolore causato da una fonte di calore applicata al braccio.
Nel contempo, a livello delle loro narici fu sprigionato un aroma piacevole o spiacevole. I giudizi che i volontari espressero sull'intensità del dolore non risentirono molto del fatto di aver inalato un profumo meraviglioso o un fetore immondo. Tuttavia, il loro umore si rivelò assai sensibile all'aroma. Quando deliziosi effluvi miglioravano lo stato d'animo, i volontari trovavano che il dolore fosse significativamente meno spiacevole rispetto a quel che provavano quando l'odore era sgradevole.
La malinconia sortisce proprio l'effetto opposto sul nostro modo di concepire il mondo che ci circonda. Quando siamo di cattivo umore la vita ci sembra più rischiosa, ci addossiamo la colpa dei nostri conflitti interpersonali e guardiamo alle minoranze etniche con minore benevolenza. Tra gli psicologi sono ancora in corso vivaci discussioni per definire con precisione come e quando l'umore influenzi i nostri giudizi. Tuttavia sembra proprio che il nostro umore ci inganni nello stesso modo in cui ci inganna l'eccitazione che attribuiamo a una causa sbagliata. Se non abbiamo classificato la ragione per cui ci troviamo in un particolare stato d'animo, talvolta può succedere che usiamo a sproposito questo stato d'animo per informare le nostre opinioni sui fatti. (...)
La capacità delle nostre emozioni e dei nostri umori di influire così profondamente sui giudizi è certamente inquietante. Tuttavia, talvolta possiamo almeno proteggerci dalle fluttuazioni del nostro stato d'animo a patto di essere consapevoli che il nostro equilibrio emotivo è alterato. Eppure, le intriganti emozioni possono agire in modo ancora più fraudolento e ripercuotersi così precocemente nel processo di interpretazione del mondo esterno che non possiamo sperare di resistervi. Esse, infatti, possiedono la rovinosa capacità di influenzare ciò che proviamo, e non solo l'interpretazione che ne diamo. (...)
Le emozioni e i sentimenti che proviamo per gli altri possono anche ispirare l'occhio della mente a impegnare con generosità il suo senso artistico. Esistono prove empiriche che dimostrano come amore e odio - o piuttosto simpatia e antipatia - possono quasi letteralmente accecarci, o quanto meno pregiudicare gravemente la nostra capacità visiva. Per infondere simili sentimenti in alcuni ignari volontari, una ragazza complice dell'esperimento, fu istruita per comportarsi con straordinaria gentilezza o in modo deplorevole. A uso e consumo di alcuni volontari, l'affascinante complice (che aveva tutta l'aria di essere un altro partecipante all'esperimento) sfoggiava una felpa con il logo dell'università cui appartenevano i veri volontari. Quando lo sperimentatore criticò il ritardo della ragazza, costei, in modo accattivante, si mostrò contrita e per farsi perdonare offrì con generosità dei dolcetti a tutti i presenti.
Nell'altra situazione, la complice esibiva sulla maglia il logo che indicava la sua affiliazione a un'università rivale. In risposta alla gentile osservazione dello sperimentatore sul suo ritardo, la ragazza gli rivolse una frase stizzita che diceva pressappoco che, se solo l'avessero piantata di chiacchiere sarebbero potuti andare avanti tutti con l'esperimento. Quando arraffando alcuni biscotti, senza offrirne agli altri, la complice si calcò sulle orecchie gli auricolari del walkman e, con un gesto che le assicurò una valanga di ostilità, alzò il volume a un livello tale che tutti lo poterono udire.
In seguito ai volontari fu assegnato a turno il ruolo di giocatore o spettatore in un semplicissimo videogioco elettronico di tennis. Tramite uno di quei sorteggi controllati in cui gli psicologi sociali eccellono, alla complice toccò di misurarsi contro il computer mentre i veri volontari ebbero il ruolo di semplici spettatori. Il loro compito consisteva nell'osservare da soli la partita in una stanzetta adiacente e indicare se ogni battuta (segnalata dalla comparsa di un flash luminoso sullo schermo) era dentro o fuori dal campo. Una mossa estremamente importante fu informare i volontari del fatto che le loro segnalazioni da guardalinee non avrebbero alterato le sorti della partita: essi stavano semplicemente fornendo allo sperimentatore una serie di informazioni sulla chiarezza di quel gioco.
Naturalmente, il computer registrava se il lampo luminoso era caduto dentro o fuori dal campo, e i punti o le penalità sarebbero stati assegnati sulla base di questa fonte più autorevole. Così, per abbattere il punteggio, i volontari sapevano di non poter influenzare in alcun modo il gioco, e che era del tutto inutile fornire - sia con indulgenza che con malvagità, a seconda di ciò che provavano nei confronti della complice intenta nel gioco - dati alterati.
Tuttavia, vale la pena notare che i sentimenti che i volontari nutrivano verso la complice nell'esperimento continuavano a influire su ciò che essi vedevano.
Tuttavia, vale la pena notare che i sentimenti che i volontari nutrivano verso la complice nell'esperimento continuavano a influire su ciò che essi vedevano.
Quando una palla colpita dalla complice antipatica cadeva dentro il campo, a pochi millimetri dalla linea, i volontari ancora indignati per il comportamento incivile erano più inclini a sbagliare e a chiamarla "fuori". Quando invece l'avversario della ragazza, cioè il computer, spediva una palla fuori dal campo i volontari tendevano a chiamarla "dentro". Altrettanto di parte, e schierate su posizioni opposte, erano le percezioni di coloro che provavano simpatia per la complice affidabile. I loro errori nel chiamare le palle che cadevano appena dentro o fuori dalla linea del campo favorivano la ragazza rispetto al computer suo avversario. Siccome i volontari erano perfettamente consapevoli di non poter influire in alcun modo sul risultato del gioco è presumibile che non ci fosse alcuna programmazione, consapevole o inconsapevole, nel fornire dati alterati. Eppure, i loro sentimenti verso la complice influenzavano in modo significativo, e profondo, ciò che realmente vedevano.