Noi tutti ci facciamo delle illusioni su ciò che è buono per noi. E' però semplice sottrarsi a tali errori e imparare a conoscere ciò che ci porta felicità e infelicità. Quel che conta sono la giusta prospettiva e il tempo necessario.
Per lo più è poco utile vedere la propria vita dal punto di osservazione di altri. Tutti gli esseri umani sono simili nel modo di vivere il timore e la gioia, il dolore e l'ira, ma si differenziano in ciò che suscita in loro questi sentimenti. Mentre le emozioni sono innate, la maggior parte delle nostre predilizioni e avversioni sono apprese. Cultura, istruzione e la storia personale di ognuno danno un contributo determinante al fatto che una persona ami l'opera mentre l'altra è appassionata di musica rock: inoltre agiscono sui nostri interessi piccole differenze nel corredo genetico. Chi è venuto al mondo con una debole visione spaziole troverà poca soddisfazione nel ping-pong o nella pallavolo.
Perciò non troverà gioia né soddisfazione chi prende troppo a modello i suoi simili. La richiesta di vivere la propria vita può sembrare banale, e tuttavia è del tutto contraria alla nostra esperienza. Fin dai primi giorni dopo la nascita, i genitori cercano di inculcarci la propria visione del mondo. A scuola tutti i bambini devono imparare secondo un metodo unitario, anche se è noto da molto tempo quanto siano diverse le loro doti individuali.
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Non basta essere felici, è necessario esserne coscienti: questo è anche il credo dello psichiatra Giovanni Fava, il quale ha messo a punto una terapia del benessere utile a tutti coloro che sviluppano sentimenti migliori e vogliono meglio assaporarli.
L'idea gli venne mentre stava lavorando su pazienti depressi in via di miglioramento. Fava osservò che fra loro è particolarmente diffusa la brutta abitudine di non riconoscere la loro felicità, il che ritarda la guarigione. Queste persone sono per lo più molto insoddisfatte, e tuttavia sono molto meno infelici di quanto credono. Per combattere questa tendenza, Fava escogitò un procedimento semplice: i pazienti dovevano tenere un diario della loro felicità. Chi tiene una contabilità dei suoi momenti buoni dirige la propria attenzione, come se fosse un proiettore di scena, su tutto ciò che è gradevole per lui. E poichè i momenti di gioia sono fissati nero su bianco, il cervello non ha poi più alcuna possibilità di cancellarli con argomenti più o meno speciosi.
Fava riferisce che i suoi protetti, molti dei quali erano ancora in uno stato d'animo di grande sofferenza, si opposero spesso a questo tentativo; temevano di ritrovarsi davanti al loro medico con i taccuini vuoti. Lo psichiatra li esortò a tentare comunque, e quasi sempre i convalescenti tornarono con le pagine del taccuino zeppe di annotazioni. Anche nello stato di massima infelicità e insoddisfazione ci sono infatti momenti buoni.
Quando i pazienti di Fava sperimentavano un momento felice, dovevano descrivere nel loro piccolo taccuino, nel modo più esatto possibile, tanto la situazione quanto i loro sentimenti e assegnare al loro stato di benessere un punteggio compresso fra 0 e 100. Così scoprirono che la loro vita si svolgeva in modo molto più gradevole di quanto avessero pensato, e appresero quali cose li rendevano felici.
In una seconda fase si trattava di accertare dove si fossero insinuati errori di giudizio che facevano negare ai soggetti la felicità in realtà sperimentata. Un paziente, per esempio, riferì di un bel momento in cui i suoi nipoti, durante una visita, lo avevano accolto con gioia. Tuttavia a quel caldo sentimento seguiva immediatamente il pensiero: "Si rallegrano solo perché ho portato loro un regalo". Chi percepisce coscientemente tali comportamenti subdoli del cervello può facilmente contrastarli. Dopo dieci settimane i soggetti che avevano provato i metodi di Fava erano usciti dalla loro profonda depressione. Erano meno ansiosi e più soddisfatti di prima della loro vita.
Innanzitutto avevano capito che nella vita non c'è un unico grande mutamento che possa volgere tutto verso il meglio. La soddisfazione per la propria vita si compone, come un mosaico, di molti momenti felici, e acquistare la consapevolezza di tali momenti di felicità è un modo sicuro per lasciarsi l'infelicità dietro le spalle.
Ognuno deve trovare da sé che cosa gli procura sentimenti positivi. La vita non è una corsa di centro metri, nella quale tutti partono dallo stesso punto e tagliano la stessa linea del traguardo.