"Sono sempre deluso(a) dagli altri"
Questo genere di discorso è assai frequente. Ma qual è l'origine del problema: gli altri sono deludenti? Oppure sono io a lasciarmi deludere troppo facilmente? Entrambe le cose: innanzi tutto gli altri non sono mai così ammirevoli o spregevoli come noi li immaginiamo. Se mi deludono spesso, è perché mi aspetto troppo da loro. Per quale ragione? In secondo luogo, la delusione si gioca in due: può essere spiegata tanto dalle mie attese personali quanto dal comportamento degli altri. (...)
Eccoci di nuovo ai principi basilari dell'accettazione: gradualmente, regolarmente, abituarsi a osservare e accettare quello che osserviamo, prima di giudicare. Poi rifletterci, e se esprimiamo un giudizio, farlo in modo preciso e provvisorio ("per il momento, riguardo a questo, posso pensare questo"). Alla fine, agire per cambiare quel che deve essere cambiato.
Accettare l'ingiusitiza e il tradimento? Accettare che qualcuno mi abbia mentito, che mi abbia tradito, che si sia approfittato delle mie debolezze o, peggio, della mia fiducia? Se questo è successo, dov'è la scelta? Devo accettare il fatto che questo è davvero successo...
Ma l'atteggiamento di accettazione si ferma a questo punto. Di fronte a quello che è, a quello che esiste. A tutto quello che non è ancora accaduto, o che può accadere, posso fare fronte: l'azione, e non la rassegnazione, segue sempre l'accettazione.
(...)
L'ascolto e l'osservazione degli altri necessita spesso di una certa attenzione e di una pratica costante. Cinque consigli possono aiutarvi ad acquisirle (se lo desiderate):
- passare dal generale allo specifico. Esercitarsi a frammentare e bilanciare il proprio giudizio: in questa persona, cos'è che mi piace, che funziona bene (secondo me); e cos'è che non mi piace? I "di più" e i "di meno";
- passare dalla tentazione di giudicare la persona ("è una sbruffona") allo sforzo di limitarsi a descriverne il comportamento ("ieri sera si è vantata"):
- passare da un punto di vista permanente ("è fatta così") a un punto di vista relazione ("in quella determinata situazione agisce così")
- passare da una modalità giudicante ("è penosa") a una modalità comprensiva e funzionale ("se è così, è perché le serve o gliene viene qualcosa, ma cosa?")
- passare dal risentimento alla discussione. Andare a parlare con le persone con le quali vi è un malinteso, o nei confronti delle quali proviamo un risentimento costituisce sempre un esercizio fruttuoso, per contrastare i riflessi che ci spingono a evitare quelli che ci irritano, così da poterne sparlare meglio o punirli da lontano. Lo scopo non è diventare amici per la pelle, ma abituarsi ad affinare la visione dell'altro, chiarendosi con lui. In linea generale, parlare con le persone consente di capire che esse sono quasi sempre più fragili, e a volte più simpatiche, di quanto un giudizio a distanza ci farebbe immaginare. Ciò non impedisce di constatarne i difetti, ma può permetterci di modificare sia le nostre sensazioni sia i nostri maneggi.