
Le difficoltà fanno parte della vita, ma a volte sono difficili da affrontare. Quando il bisogno di aiuto si fa più pressante, ci si chiede: "A chi è meglio rivolgersi?". Ogni psicoterapia ha i suoi vantaggi e i suoi limiti.
Ci sono terapie più efficaci di altre? Cosa spinge a scegliere un approccio verbale a un altro tipo corporeo? Risponde Luciano Marchino, psicologo, psicoterapeuta e analista bioenergetico.
Che cosa si intende oggi per psicoterapia?
E' un metodo adatto a promuovere l'evoluzione della persona da uno stato di sofferenza e patologia comportamentale, emozionale e cognitiva verso uno stato di maggiore benessere. Parliamo di terapia, dunque, partendo da una patologia: se non c'è patologia, non c'è motivo di fare terapia.
Esiste anche la possibilità di rivolgersi a un tipo di aiuto diverso...
Certamente. Quello che distingue la psicoterapia dal counseling, che ormai si sta diffondendo anche in Italia e che può essere molto utile in numerose situazioni, è proprio il fatto che il counselor, a differenza dello psicoterapeuta, non interviene di fronte a una patologia di tipo psicologico, ma a una problematica di difficile soluzione. E' chiaro poi che il counselor deve avere una preparazione psicologica, che gli consenta di capire le esigenze della persona che gli sta di fronte e indirizzarla, eventualmente, a uno psicoterapeuta.
Ma esistono forme diverse di psicoterapia: a quale rivolgersi?
Le forme di disagio psicologico sono molteplici, quasi infinite, ed è difficile stabilire quali siano le terapie più opportune. Si possono però riassumere alcune caratteristiche, come profondità, stabilità, completezza e rapidità, senza dimenticare la convenienza economica. In quest'ultimo caso, sono particolarmente consigliabili le cosiddette psicoterapie brevi, che comprendono alcuni approcci di tipo cognitivo-comportamentale, molto efficaci per esempio nel trattamento delle fobie, ma anche nuovi approcci centrati sulla risoluzione dei traumi, come il "somatic experiencing", oppure l'Emdr, "Eye movement desensitisation and processing" (desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari), che permettono in molti casi una risoluzione rapida di situazioni traumatiche o disagi, senza toccare la struttura dell'inconscio.
Le psicoterapie classiche operano invece solo sulla struttura dell'inconscio?
Per un lavoro più profondo e quindi prolungato nel tempo, i metodi "classici" di riferimento sono sempre stati la psicanalisi freudiana e la psicologia analitica di Jung. Sono approcci che richiedono molti anni e numerose sedute a frequenza settimanale. Sono completi, ma trattano la persona fin dove arriva la sua capacità di associazione verbale, non toccano le strutture più profonde, preverbali. Ampliano la comprensione della persone per quanto riguarda le sue problematiche esistenziali originarie, legate alle figure dei genitori, ma sono più efficaci come analisi che come terapia. In molti casi, offrono dei risultati non pienamente appaganti in termini di qualità della vita. Ecco perchè c'è spesso la necessità di rivolgersi ad approcci che riescano a lavorare più in profondità e in modo più integrato.
La differenza è dunque tra terapie verbali o a orientamento corporeo?
Si, anche se è apportuno ricordare che ci sono approcci di psicoterapia verbali a carattere "umanistico", come la psicologia esistenziale o la terapia centrata sulla persona di Carl Rogers, che consentono un lavoro profondo, ampliano il potenziale umano della persona. Penso anche alla logoterapia di Viktor Frankl o terapia degli scopi, efficace nell'aiutare la persona a indirizzare le proprie energie verso mete appaganti, che previene la dispersione delle energie o quel vuoto di senso che è spesso alla base della depressione. Ma parliamo ora delle psicoterapie a orientamento corporeo: sono molte, e prendono sempre le mosse della psicanalisi. Il loro metodo, come nel caso dell'analisi bioenergetica sviluppata da Alexander Lowen, non si limita all'aspetto verbale (associazioni di parole piuttosto che interpretazioni dei sogni), ma sviluppa la capacità di riferirsi a tutta la struttura somatica, che fa da supporto ai blocchi e agli stati di malessere e di benessere della persona.
Le terapie a orientamento corporeo hanno una maggiore efficacia?
Restituiscono alla persona una più ampia possibilità di contatto con se stessa e la capacità di aprirsi al mondo in modo consapevole. Questi risultati sono in linea con quanto emerge dalle più recenti indagini nel campo delle neuroscienze. E' stato confermato infatti che i circuiti neuronali e cognitivi vengono rinforzati o bloccati da esperienze relazionali: in altre parole le persone vengono, fin dall'infanzia, più o meno inibite verso comportamenti o esperienze emozionali. Tali inibizioni permangono in età adulta strutturandosi in comportamenti difensivi e reattivi del tutto inconsapevoli.
Ci sono casi in cui la terapia non funziona?
Si, può succedere, anche se mi sembra più opportuno chiedersi non tanto se la psicoterapia funziona, ma quanto la persona la fa funzionare. Si deve infatti desiderare il cambiamento, per ottenere un mutamento profondo. Certo, va sottolineato che stiamo sempre parlando di nevrosi, mentre in caso di vere e proprie psicosi ci si deve affidare al terapista e, a volte, ci può essere bisogno anche dell'intervento dello psichiatra, per un eventuale terapia farmacologica.
Ci sono anche interventi di gruppo, terapie familiari o di coppia. Quando sono efficaci?
Le terapie di gruppo servono a rinforzare la persona, e possono essere efficaci per fare il punto sui comportamenti modificabili a livello dell'io. Questo è importante perchè molte persone sono inibite a manifestare pubblicamente i propri sentimenti, e un lavoro di gruppo è utile per renderlo possibile. Questo non vuol dire che si debba parlare di sè, ma almeno si hanno gli strumenti per decidere o meno di farlo. Quanto alle terapie familiari o di coppia, sono utili se ci sono problematiche relazioni nella famiglia o nella coppia. Ci si può rivolgere anche ai gruppi di autoaiuto, in cui la testimonianza di persone con le stesse difficoltà crea la sensazione di un io più forte, dato dall'unione di tutti i presenti che stanno conducendo la stessa lotta.
La cura farmacologica
Può essere necessario ricorrere a una terapia farmacologica quando, per esempio, la persona teme, o il suo entourage constata l'incapacità a contenere certe pulsioni come la rabbia, oppure a gestire problemi come la depressione o il panico. In questi casi siamo infatti in presenza di patologie più gravi, che vanno al di là delle nevrosi. Mentre lo psicologo non può somministrare farmaci, lo psichiatra è autorizzato a farlo. Il farmaco può servire a contenere il disagio, ma non è quasi mai sufficiente. E' bene quindi accompagnare la terapia farmacologica con la psicoterapia.
intervista di Alessandra Callegari Da "Psychologies n°2"
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